Per la prima volta un duello al vertice di ChiantiBanca
Due liste contrapposte per il rinnovo dei vertici di ChiantiBanca: una prima assoluta nella storia dell’istituto che andrà in scena il prossimo 14 maggio in occasione dell’assemblea dei soci, chiamata ad approvare il bilancio e ad eleggere i nuovi amministratori, presidente compreso. Segno del malumore che serpeggia a San Casciano, dopo i colpi di scena dei mesi scorsi, quando ChiantiBanca sembrava dapprima avviata a trasformarsi in Spa per poi dichiarare la volontà di restare nel mondo cooperativo ma fuori dallo storico ombrello di IccreaFedercasse in favore dei trentini di Cassa Centrale. Fino al terremoto dello scorso marzo con le dimissioni di 5 consiglieri e del direttore generale Andrea Bianchi, dopo l’ispezione della Banca d’Italia e la successiva pulizia nei conti che ha fatto emergere una perdita di circa 90 milioni.
L’attuale numero uno, Lorenzo Bini Smaghi, pur non essendo formalmente tenuto a farlo, si presenterà all’assemblea chiedendo il rinnovo della fiducia per sé e per i suoi consiglieri. Un gesto «molto apprezzato» dagli avversari, guidati da Gian Pietro Castaldi, commercialista di lungo corso e candidato presidente, che per prima cosa chiederà proprio di «congelare» la scelta di aderire al gruppo di Cassa Centrale Banca. «A noi risulta che questo gruppo non sia completamente costituito, non sono ancora noti i loro progetti industriali, né i costi che comporterà l’ingresso. Non diciamo che non vogliamo più l’adesione al gruppo, ma vogliamo tempo per riflettere. Una decisione in questo momento ci sembra prematura, perciò chiederemo un rinvio», spiega Castaldi, la cui lista rimarca le distanze dall’attuale gestione principalmente su due punti: «Il primo è che secondo noi non c’è l’urgenza di uno sviluppo forzato — dice Castaldi — Pensiamo che ora ci sia piuttosto la necessità di una fase di consolidamento dei conti e della propria posizione nel contesto creditizio toscano». Altra divergenza sul «modo di conduzione della banca: serve maggiore collegialità perché alcuni schemi manageriali vanno bene in altri contesti, ma non in quello cooperativo».
«Abbiamo l’idea di una banca cooperativa che sviluppa tutte le energie che ha al proprio interno: non vogliamo fare l’elegia del ‘piccolo è bello’ ma non siamo convinti che una banca cooperativa grande sia una grande banca cooperativa», aggiunge Castaldi. Una visione differente e una rassicurazione: «Non è assolutamente vero che rimanendo in Iccrea si creeranno sovrapposizioni che daranno luogo ad esuberi di personale. Qualunque strada verrà scelta per il gruppo nazionale, i lavoratori saranno tutelati. Parlare di licenziamenti è pura fantasia».