«Il nostro Coltrane per giovani danzatori»
Fabbrica Europa al via con De Keersmaeker & Sanchis
Cala subito l’asso Fabbrica Europa 2017 presentando stasera e domani (ore 21) alla Stazione Leopolda di Firenze in prima nazionale A Love Supreme, quartetto di danze sul capolavoro jazz di John Coltrane firmate, anche qui a quattro mani, da una riconosciuta maestra della coreografia postmoderna europea, Anne Teresa de Keersmaeker con Salva Sanchis, artista nato nel ricco vivaio della sua compagnia Rosas. Per Anne Teresa è la terza volta a Firenze: nel 1986 aveva appena iniziato a tratteggiare la sua danza cerebrale in scarponcini neri. Poi una decina anni fa a Fabbrica Europa, con un bellissimo solo su ballate di Bob Dylan. Ora infine, nel pieno della maturità artistica arriva per proporre un caposaldo della sua produzione, in cui il processo di creazione coinvolge anche un altro artista. «L’idea di riprendere A Love Supreme — spiega Anne — è nato dall’esigenza di passare parte del repertorio di Rosas a danzatori più giovani. Rappresenta al meglio certi elementi che ci appartengono fin dall’inizio della nostra stodenti ria: soprattutto il rapporto tra musica e danza, che è uno degli elementi fondanti la mia ricerca. Qui, come già successo, ad ogni strumento è connesso un danzatore e la sua partitura coreografica. La novità sta nel fatto che è l’unico brano jazz su cui ho lavorato così». «Quando ho insegnato alcune parti di A Love supreme agli studenti di Parts (prestigioso centro di formazione alle performing arts fondato dalla De Keersmaeker ndr) — aggiunge Sanchis — alcuni aspetti della coreografia hanno assunto una nuova luce e immediatamente ci ha spinto a riconsiderare il lavoro». Ma come si fa a lavorare a quattro mani? «Salva faceva parte dell’edizione originale — ricorda Anne — e vederlo in seguito lavorare su questa danza con gli stu- è stata un’ispirazione. Lui stesso in quindici anni ha sviluppato un suo personale percorso creativo e così nel nuovo A Love Supreme lui, diciamo così, ha curato maggiormente la parte coreografica e di improvvisazione, io ho fatto da occhio esterno, considerando l’estetica e la logica del lavoro. È un momento benedetto quando, come in questo caso, senti una reciproca fiducia in ciò che si fa, che si irradia tutto intorno da noi ai danzatori, altrettanto partecipi della creazione». In scena dunque quattro ex studenti di Parts. E qui si appunta l’ultima domanda. Come pedagoghi cosa ritenete essenziale oggi nella formazione di un artista? «È importante capire che la tecnica è un mezzo di espressione — dice Sanchis — nel senso che si deve sapere cosa si fa». «Sì — conclude Anne — è cruciale riuscire a mantenere un armonioso equilibrio tra pratica fisica e lavoro intellettuale. Ma è questo ciò che fa di un danzatore un vero artista».