«C’è una sola cosa da salvare nella legge: il turbamento»
«Così com’è scritto il nuovo testo sulla legittima difesa rischia solo di mandare in confusione i giudici. Salverei però la previsione che i magistrati valutino il turbamento della vittima dell’aggressione, limitatamente alle modalità in cui è avvenuta». Stefano Merlini, ordinario di diritto costituzionale, non ha dubbi: «Tra le vecchia e la nuova disciplina propenderei per la prima».
Questo Parlamento non sa scrivere le leggi? «La formulazione del vecchio articolo 52 era molto più limpida. Era il frutto della scuola di diritto penale italiano per il quale le norme per essere applicabili devono essere chiare e non troppo lunghe. Nel vecchio articolo era già contenuto tutto: la previsione di un’offesa e la reazione della vittima che anche armata può difendere se stessa, i familiari e i propri beni sempre però nel rispetto del principio di proporzionalità».
Ci faccia un esempio. «Se un rapinatore vuole impossessarsi delle chiavi della mia auto non posso sparargli. Diverso se il malvivente punta la pistola per rapinarmi e io non ho via di fuga e reagisco».
E il nuovo testo? «Considera legittima difesa la reazione in caso di aggressione di notte, in casa, in negozio, in ufficio o all’introduzione con violenza minaccia o inganno. C’era bisogno di formulare queste ipotesi? Perché tutelare solo la difesa notturna? Come se la stessa aggressione di giorno fosse meno grave. C’era bisogno di circoscrivere i luoghi dell’aggressione e della difesa? I troppi rinvii alle leggi, le eccessive subordinate e il riferimento alla casistica rischiano di confondere i giudici».
Colpa anche della congiunzione “ovvero” utilizzata tante volte?
«Altro errore. Nella lingua italiana ha diverse accezioni, ma nel diritto si usa esclusivamente per dividere parole alternative tra loro».
Cosa salverebbe allora del nuovo testo? «È giusta la previsione che il giudice tenga in adeguata considerazione il turbamento psicologico delle vittime. Ma con un correttivo: lo smarrimento della vittima va sempre accertato in relazione alle modalità dell’aggressione».