Noi grati a Dalla Costa Quel suo prete salvò la mia famiglia
Caro direttore, ho pensato molto a Elia Dalla Costa in queste ore in cui sono tornate alla ribalta le «virtù eroiche» che il Papa ha riconosciuto all’ex arcivescovo di Firenze Elia Dalla Costa dichiarandolo «Venerabile».
Proclamato Giusto tra le Nazioni nel 2012 per il ruolo di coordinamento svolto nella rete di assistenza clandestina agli ebrei perseguitati, Dalla Costa spicca tra le figure luminose del Novecento fiorentino. Un uomo verso il quale, da parte ebraica e non solo, non potrà che esserci eterna gratitudine. Nel quadro di alcune ricerche che stiamo completando per far attribuire lo stesso suo titolo al prete che salvò la mia famiglia a Firenzuola, don Renato Matti, siamo venuti a conoscenza di un fatto particolarmente significativo che si intreccia con quelle «virtù». E cioè che don Renato fu proclamato sacerdote direttamente dal cardinale vicentino (a Firenze dal 1931) e che questo avvenne nel giugno del 1944. In quei giorni drammatici, con Firenze occupata dai tedeschi e nel pieno delle persecuzioni antiebraiche, custodivano entrambi un segreto molto grande e molto pericoloso. Dalla Costa, avvalendosi anche del contributo di staffette più o meno note e in stretto raccordo con la Delasem, rete ebraica che nella Toscana aveva un punto di riferimento strategico, teneva le redini di questa impresa collettiva di cui ben pochi, nella Curia e non solo, erano a conoscenza. Don Renato, assieme ai suoi fratelli e con il sostegno dei genitori Armando e Clementina, antifascisti della prima ora che non avevano esitato ad aprire le porte della loro abitazione, faceva la spola tra Firenzuola e la vicina frazione di Le Ca’ di sotto dove gli Smulevich (mio nonno Alessandro, sua sorella Ester, i genitori Sigismondo e Dora, il cugino Leo) erano nascosti in una vecchia casa in pietra, portando loro beni di prima necessità, ma anche una parola gentile, talvolta persino una battuta per sdrammatizzare. Rinnovata fiducia e speranza nell’uomo. Beni intangibili ma assolutamente fondamentali per quegli ebrei fiumani braccati dai persecutori, costretti ormai da molti mesi ad ogni peripezia per sfuggire agli aguzzini e alle insidie dei delatori, che anche in quella porzione di Appennino prossima alla Linea Gotica (che sarebbe stata sfondata soltanto alcuni mesi dopo) non mancavano.
Allo stato attuale, con la documentazione di cui disponiamo, è impossibile ricostruire se in quella giornata di giugno di 73 anni fa l’uomo di Chiesa di lungo corso e il giovane sacerdote abbiano affrontato, in sede privata, anche questioni non riconducibili direttamente al loro ministero. È comunque una possibilità, una finestra che ci piace tenere aperta. Anche perché se gli Smulevich finirono a Firenzuola fu con tutta probabilità grazie a don Leto Casini, che a Firenzuola era nato e che di Dalla Costa era uno dei collaboratori maggiormente coinvolti nella rete (non a caso anche lui è tra i Giusti). Di sicuro comunque c’è il fatto che molte famiglie ebraiche devono la loro salvezza a Dalla Costa. Ed è curiosa la situazione che ci regalerà il calendario nelle prossime giornate. Il 145esimo anniversario dalla nascita del cardinale, che cadrà il 14 maggio, sarà infatti preceduto poche ore prima dall’omaggio a pedali che Firenze renderà a un altro Giusto, a una delle figure che più si spese in quei giorni: Gino Bartali. E tra le diverse tappe della «Staffetta Bartali» organizzata il pomeriggio del 13 per celebrare Ginettaccio ci sarà anche una sosta davanti alla sinagoga di via Farini. Una staffetta suggestiva, a pochi giorni dalla tappa rosa di Ponte a Ema.