SERVIREBBE UNO SCATTO...
Conte, che Bartali scandalizzato bocciò. Dalla ruota che rigava la polvere in un’estate lontana, ai francesi che si incazzano cantati da Conte la distanza era troppa lunga perché un uomo pio come Gino, al quale mai fu sentita pronunciare una volgarità, potesse sorvolare. Gian Paolo Ormezzano gli aveva recapitato il nastro della canzone, consegnatogli da Paolo Conte attraverso Bruno Lauzi, in una cordata formata da due cantautori e un giornalista, per conoscere la sua opinione che fu durissima: «Troppe parolacce», sentenziò Bartali. La canzone volò alta lo stesso e un giorno finalmente, attraverso la mediazione di Narciso Parigi, il campione e l’autore si incontrarono e si strinsero la mano. «A me, però, mi piace di più cantata da Jannacci». Con quest’ultima stoccata si chiuse il contenzioso, ma da quel capolavoro in musica Bartali avrebbe tratto ulteriore popolarità, ammesso che ne avesse bisogno. Perché
(a. mon.) No, non è tutto sbagliato tutto da rifare, come avrebbe detto lui. Ma i 100 anni del Giro arrivano una volta sola e se poi hanno anche «il naso triste e gli occhi allegri» di Gino Bartali qualcosa in più si potrebbe fare. Mancano ancora 12 giorni alla partenza della tappa dedicata a Ginettaccio: Palazzo Vecchio ha tutto il tempo per celebrarlo con un evento all’altezza del blasone del campione di Ponte a Ema. Nel programma della «Settimana rosa» diffuso ieri dall’assessore allo sport un evento così non lo abbiamo ancora visto. l’uomo Bartali rivaleggiava con se stesso, cioè con il campione Bartali, in quanto a celebrità.
Certo, il campione aveva vinto tre volte il Giro d’Italia e due volte il Tour, riuscendo nell’impresa unica nella storia del ciclismo di fare il bis nella corsa francese a dieci anni di distanza dal primo successo, dal 1938 al 1948. È per questo che nell’epica prosa di Daniel Arras, a cui si deve il dialogo