All’estero come fanno? Opere nuove e tanti grandi bis
Dagli archivi trionfi da riproporre. E sulla programmazione modello Londra: oggi sul web i titoli del 2019
La fondazioni liriche, chi più chi meno, vivono tutte il dramma dell’emorragia del pubblico, e anche Cristiano Chiarot, il nuovo sovrintendente dell’Opera, ha già focalizzato la sua attenzione sul problema. Si parla di riassestare la programmazione artistica, ma non con l’abusata formula tradizione-innovazione. La progettualità artistica che Pierangelo Conte sta piano piano portando avanti va nella direzione giusta, necessita solo di essere ulteriormente delineata, sviluppata e potenziata: titoli d’opera conosciuti ai più nella programmazione stagionale (a settembre debutta il nuovo ciclo «Passione Puccini», con Madama Butterfly, La Bohème e Tosca), proposte più inusuali, nel cartellone del Maggio. L’importante è non far venire mai meno la qualità artistica e rispettare le esigenze di bilancio. È un abile gioco di equilibri. Magari rinunciando, o ridimensionando, le partecipazione di star, registi, cantanti, direttori, solisti o quali essi siano.
Alla Royal Opera House di Londra in questi giorni va in scena il Don Carlo di Verdi (che oggi chiude a Firenze), ma ci sarà anche Mitridate, re di Ponto, che di Mozart non è proprio l’opera più famosa. All’Opéra Bastille di Parigi si alternano Wozzeck di Berg, Pelléas et Mélisande di Debussy, Don Carlos (i francesi, si sa, sono nazionalisti), Falstaff, la Clemenza di Tito di Mozart e Da una casa di morti di Janacek. Al Metropolitan di New York è stata ripresa da poco l’acclamata Bohéme di Zeffirelli, ma c’è anche Cendrillon di Massenet e la première americana di Exterminating Angel del contemporaneo Adès. Per lo più, sono riprese di allestimenti collaudati e apprezzati, non di rado coproduzioni. E allora, perché a Firenze non riaccendere l’attenzione e l’affetto del pubblico ripresentando spettacoli entrati nella storia del Maggio e dei quali si parla ancora? Dalla Trilogia Mozart-Da Ponte con la regia di Jonathan Miller, alla Turandot di Zhang Yimou al Ring della Fura dels Baus, la lista è lunghissima solo restando ai tempi più recenti. Ma quegli allestimenti più antichi sono ancora disponibili e utilizzabili? Si parla di una decina di container nei quali sarebbero ammassati. Il pubblico, in fondo, si riconquista anche con le certezze, ma pure incuriosendolo. Magari informandolo con largo anticipo di quel che ci sarà all’Opera: sul sito della Royal Opera House oggi c’è già la programmazione 2018/19. In una società che vive tempi sempre più convulsi l’anticipazione è un obbligo. Spetta però anche al pubblico fare la sua parte. Mostrando curiosità, ritrovando la voglia di varcare quelle porte con fiducia e interesse, senza snobismi e pigrizia. Perché un teatro è parte integrante della città. E la forza del territorio serve anche a proiettarne la credibilità fuori da quei confini.