E King Ranieri lancia mister Pioli «Sa come si fa»
Il primo incontro tra Ranieri e Pioli avrebbe potuto essere l’inizio di una sceneggiatura stile «Ufficiale e gentiluomo». Il neo allenatore della Fiorentina era stato opportunamente avvertito sull’anarchia che regnava in una squadra incredibilmente retrocessa un mese prima, e nel torrido luglio 1993 aveva deciso di instaurare nello spogliatoio un clima da caserma.
La location di Roccaporena (due alberghi dedicati al pellegrinaggio nella vicina Cascia e nient’altro) si adattava benissimo alla rieducazione «ranieriana» della truppa viola. Vennero addirittura arruolati dei controllori per multare chi arrivava in ritardo a pranzo e cena, e non c’era possibilità di sgarrare. Pioli era una di queste guardie, insieme a Iachini a Carnasciali. Non è un caso che dopo oltre vent’anni l’allenatore nel 2016 più celebrato al mondo abbia ancora Stefano nel cuore.
«Eh sì, come faccio a scordarlo?» racconta King Claudio Ranieri al Corriere Fiorentino, mentre si sposta da uno stadio all’altro per guardare e vivere di calcio, come sempre nella vita. Pioli dunque, un fedelissimo. «Un ragazzo stupendo di cui ti potevi fidare in qualsiasi occasione e che non ti avrebbe mai tradito, questione di feeling. E cosi è stato per due stagioni, anche nei momenti più duri, che pure non sono mancati. Io poi mi affeziono sempre ai miei giocatori, figuriamoci a uno come Stefano. Fu molto difficile prendere nel 1995 la decisione di mandarlo via per cambiare la coppia centrale difensiva con Padalino e Amoruso». Ora Pioli sta per tornare a Firenze con un ruolo diverso, di enorme responsabilità. «So bene cosa voglia dire stare sulla panchina della Fiorentina — sottolinea ancora Ranieri — è un’emozione continua, non ti puoi mai rilassare, ti arrivano sollecitazioni sempre e ovunque, ma è qualcosa di meraviglioso che consiglierei a chiunque faccia il nostro lavoro. I tifosi viola sono unici, ti fermano per strada, al bar, ti consigliano formazioni e da te vogliono sempre il massimo».
Ma ce la può fare a riaccendere quell’entusiasmo che almeno una parte dei tifosi pare abbia perso? «Penso proprio di sì. Stefano è un grande conoscitore di calcio, mi pare molto preparato e ha la giusta esperienza. Dico la verità: ci sono rimasto male per come l’ha trattato l’Inter. Non si meritava l’esonero e avrebbe potuto e dovuto chiudere la stagione». Ha comunque il vantaggio di conoscere l’ambiente. «Questo aiuta certamente perché Firenze vive di Fiorentina, qualcosa che si fatica a capire se non si è dentro la città. D’altra parte mi pare che dove è andato Stefano abbia lasciato buoni se non ottimi ricordi, anche in piazze non troppo semplici come Roma. Non posso che augurargli tutto il bene possibile».
Quando era un suo giocatore, si capiva già che sarebbe potuto diventare un buon allenatore di serie A? «Sinceramente no — risponde — anche perché era nella fase centrale della carriera e chissà se mai ci ha davvero pensato in quel periodo. Era però molto disciplinato tatticamente, questo sì, e tra i primi a recepire quello che dicevamo in allenamento. Chiedeva e si informava molto, non gli piaceva essere superficiale, spesso voleva capire gli sviluppi di un certo esercizio». A un certo punto nel toto allenatori viola era spuntato anche il nome di Ranieri. «Non ho avuto alcun contatto, ma come si dice in questi casi: mai dire mai. La Fiorentina mi è rimasta nel cuore, lo sanno tutti. Non è che ce ne fosse bisogno, ma quando poco tempo fa sono tornato a Firenze con la squadra che vinse la Coppa Italia e la Supercoppa ho capito una volta di più quanto i fiorentini mi vogliano bene e mi sono emozionato».
Non mi aspettavo che Stefano diventasse anche un bravo allenatore Conosce bene l’ambiente e si farà capire