Lavoro in affitto, è un boom. I sindacati: era il male, ma ora...
Nel ‘97 era considerato il male assoluto, adesso è un segnale di ripresa del mercato Il lavoro interinale in Toscana cresce più che nel resto d’Italia, negli ultimi due anni è aumentato del 25 per cento. Finendo per vincere anche le resistenze di Cgil e C
Vent’anni fa, quando sono nati, erano considerati contratti di serie B. Oggi sono divenuti il segnale di una ripresa economica possibile e un percorso che le grandi aziende compiono sempre più spesso, specie nel settore farmaceutico, commerciale e manifatturiero. Il cosiddetto «lavoro in affitto» — quello per cui un lavoratore stipula un contratto con un’agenzia che a sua volta lo colloca in un’impresa — in Toscana aumenta più che nel resto del Paese: negli ultimi due anni gli avviamenti sono cresciuti del 25 per cento, mentre negli ultimi 12 mesi il numero di nuovi contratti di lavoro per somministrazione — questo il nome formale con cui la Legge Biagi ha sostituito la precedente dicitura «lavoro interinale» — cresce a doppia cifra (più 12 per cento), scavalcando di tre punti percentuali la media nazionale.
I motivi di questa esplosione sono numerosi e alcuni di questi paiono contenere aspettative positive per l’andamento complessivo del mercato del lavoro. Un dato su tutti certifica l’importanza crescente del lavoro in affitto: oggi, in Toscana, un avviamento al lavoro su cinque avviene con questo tipo di contratti. Nel 2016 sono stati firmati 125 mila nuovi contratti di somministrazione, oltre il doppio di quelli registrati all’inizio della crisi economica — erano circa 58 mila nel 2009. Guardando agli anni più recenti, tra i contratti di lavoro dipendente il lavoro somministrato è quello che ha avuto la dinamica di maggiore crescita rispetto alle altre tipologie. «Abbiamo notato il dinamismo di questi contratti negli ultimi tempi: sono aumentati su tutto il territorio regionale e sta crescendo anche il numero di contratti a tempo indeterminato che le agenzie stipulano con i lavoratori», spiega Erika Caparrin, segretario regionale Felsa, il settore della Cisl che si occupa di contratti atipici. «La cosa che più salta all’occhio è come questo tipo di assunzioni siano entrate nel meccanismo delle grandi aziende. Il lavoro somministrato è utilizzato prevalentemente per quelle figure professionali ricollocabili, c’è da considerare il fatto che le aziende hanno sempre più spesso commesse a breve termine e quello del lavoro in affitto è divenuto uno strumento ideale per far fronte a questo andamento del mercato». Molti operatori economici confermano come negli anni si sia potuto apprezzare il fatto che la crescita di questo tipo di contratto sia in qualche modo anticipatrice di tendenze economiche di ripresa.
Sull’impennata del 2016 ha influito certamente anche il ridursi della decontribuzione per chi assumeva a tempo indeterminato — cioè la fine degli incentivi previsti dal Jobs act — ma guardando al presente si può immaginare che l’incremento sia destinato a stabilizzarsi, dato che anche lo strumento del voucher è stato messo da parte.
Il lavoratore in affitto gode oggi della maggior parte dei diritti e dei benefici economici dei colleghi che lavorano nella stessa azienda ma ne sono dipendenti diretti: parità di busta paga, scatti di anzianità, rimborsi per ticket sanitari, sostegno alla mobilità sul territorio, accesso al credito, sconti sull’acquisto di libri per figli dei lavoratori e ferie. Il rinnovo del contratto collettivo nazionale, che è previsto per il prossimo autunno, mira ad ampliare ancora di più queste garanzie. Prendendo come riferimento l’anno in cui si fa iniziare la crisi economica globale — dunque il 2009 — si può inoltre riscontrare come in questo lasso di tempo siano numerosi i territori toscani che hanno visto crescere il lavoro somministrato a doppia cifra: Livorno (più 17 per cento), San Miniato (più 18 per cento) e Montevarchi (più 10 per cento) sono esempi fattivi della scalata di questo strumento, complici anche le crisi industriali che hanno notevolmente ampliato la platea di chi offre il propri lavoro.
Nicola Sciclone, dirigente dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana (Irpet) spiega che il lavoro in affitto è utilizzato «molto di più nella manifattura rispetto ai servizi, con picchi significativi nell’industria conciaria». Il ricercatore chiarisce poi i motivi per cui il lavoro per somministrazione sia molto apprezzato dalle industrie farmaceutiche: «L’agenzia di lavoro interinale gestisce una fase fondamentale per chi ha bisogno di dipendenti, ovvero la ricerca». Un aspetto non banale e costoso in termini di energie, per cui le aziende del settore preferiscono delegare. «La somministrazione — conclude Sciclone — sta sostituendo altro lavoro flessibile, tuttavia non mi sbilancerei sulle possibilità che questo trend sia anticipatore di una ripresa economica generale». Più ottimista la responsabile Cgil del mercato del lavoro Monica Stelloni, che descrive la parabola di una prospettiva mutata profondamente negli ultimi vent’anni: «Nel 1997, quando nacque il lavoro interinale, veniva visto da noi sindacati come uno fra i mali peggiori. Oggi però il mercato è cambiato molto e questa è divenuta per i lavoratori una tra le opzioni più consistenti. Nonostante il lavoratore in affitto costi leggermente di più di un semplice lavoratore dipendente — continua Stelloni — le aziende lo scelgono sempre di più: il lavoro in somministrazione permette alle imprese di provare, in qualche modo, il lavoratore che viene assegnato loro. Non sono rari i casi in cui dopo questo periodo l’azienda sceglie di assumere direttamente il dipendente e questo, nella fase attuale, non è affatto negativo. Il lavoro somministrato è un segnale anticipatore, che ci conferma che una prospettiva di crescita dell’occupazione c’è».
La sindacalista Stelloni (Cgil): oggi tutto è cambiato, così si permette alle aziende di provare il lavoratore E non di rado poi finiscono per assumerlo