Un caffè da novanta La Marzocco, fa festa e sbarca in Cina
Il compleanno della storica azienda di macchine da caffè venduta in tutto il mondo Le origini a Campo di Marte, lo sbarco in Cina. Con la stessa cura, anche dei dipendenti
«Non per vantarmi ma in casa mia una cosa non ci è mai mancata: la miseria». Piero Bambi ha 83 anni, è un dipendente della Marzocco, storica azienda che da Firenze esporta in tutto il mondo macchine da caffè leader sul mercato e tutti i giorni lo si trova in azienda, a Scarperia. Ma non è un dipendente come gli altri. Di quei 90 anni che campeggiano quasi ovunque, maxi insegna inclusa, nello stabilimento, lui è testimone oculare: fu suo padre Giuseppe, col fratello Bruno a creare l’azienda da un capannone in via Frusa a Campo di Marte. «Da piccino — racconta — ogni tanto mi portavano in fabbrica, e mi mettevano con una cassettina vicino a una fresa. Ma la mia strada era un’altra: studiavo da perito tessile al Buzzi di Prato. Quando avevo 17 anni persi mio fratello, già destinato alla Marzocco, in un incidente. E così...».
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: stabilimenti sempre più grandi, prima quello storico di via Bolognese (dove nel 2018 sorgeranno l’accademia del caffè e il museo della Marzocco), poi Scarperia: 120 milioni di fatturato di cui 60 in Italia, filiali in Usa, Regno Unito, Spagna, Oceania, Corea del Sud e ora anche Cina e Germania. Trecentocinquanta dipendenti nel mondo, 160 solo fra Scarperia e Milano. Nel 1994, quando Piero decise di vendere, erano appena una trentina: «Non ho figli e l’azienda l’ho lasciata in “famiglia”. Non volli cedere a un concorrente, so come vanno queste cose, ti pigliano e ti chiudono. Così parlai col nostro concessionario americano e lui, con altri imprenditori, rilevarono il 90% dell’azienda. A due condizioni: che tutto restasse a Firenze e che i lavoratori non fossero toccati».
Promessa mantenuta e quei lavoratori, moltiplicati, giorni fa brindavano nel tendone allestito nel giardino dell’azienda per fe- steggiare il compleanno con Piero, Kent Bakke (il Ceo ex concessionario) e gli ex dipendenti invitati per l’occasione. Il tendone è l’ultimo segno dei festeggiamenti iniziati a marzo in Australia e che andranno avanti per qualche mese e che qualcuno qui già definisce scherzando «il giubileo». Ma non solo: quel tendone, e le tende da campo comparse giorni fa, sono stati anche la sede del career camp. Letteralmente un cam- peggio per una quarantina di laureati in ingegneria e informatica — scelti tra centinaia di iscritti — che per due giorni hanno vissuto in azienda e tra cui i recruiter sceglieranno i futuri dipendenti. Più che un colloquio un reality o un talent show, ma la formula sembra funzionare.
I «vincitori» entreranno in un’azienda in cui ogni valvola — che sia della «Linea mini», la macchina domestica da 4.000 euro in su, o delle professionali da bar che, virtualmente non hanno un limite di listino, fino alla Modbar, startup americana in cui La Marzocco ha investito — viene controllato singolarmente e non a campione.
E il welfare di Marzocco, tra i benefit, prevede una palestra interna con personal trainer due volte a settimana, aree relax in tutti i reparti (qui la pausa caffè è una cosa seria) e anche la stanza per i bambini: «Non è un asilo — spiega Silvia, che ogni giorno accompagna in tour chiunque voglia visitare i quartieri generali (900 persone da tutto il mondo nel 2016) — ma se ho un’emergenza o mi chiamano dall’asilo perché il bambino ha la febbre qui può restare per qualche ora». Magari giocando con le macchine La Marzocco di legno da assemblare. Di padre in figlio, come si vede sotto il tendone dove i giovani operai si avvicinano ai tavoli dei pensionati riconoscendo i colleghi dei genitori, o ancora dal «Marzocco d’oro», la borsa di studio che ogni anno premia cinque studenti delle medie e delle superiori figli di dipendenti dell’azienda.
Così vedi tutti sorridere a Scarperia, da Ivan alla reception fino ai «veterani» come Alessandro, qui da 22 anni. E, come Marzullo, ti fai una domanda e ti dai una risposta.