«Con Cassa Centrale o Iccrea? Io vi dico che...»
L’economista Gai: nella holding con Trento più libertà, in quella romana si sta più stretti
Lorenzo Gai, professore ordinario del dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Ateneo fiorentino, è un esperto di credito.
Professor Gai, i soci di ChiantiBanca hanno approvato la strategia del consolidamento, bocciando la linea Bini Smaghi: cosa cambia?
«Direi che il fattore più importante per definire il futuro della banca è la lettera con i rilievi di Bankitalia. Le indicazioni della vigilanza accendono un faro sull’istituto e chiedono azioni per il rafforzamento patrimoniale. In queste condizioni sarà difficile realizzare una politica espansiva. Così l’esito dell’assemblea cambia poco le cose, anche per un altro motivo». Quale? «Già il bilancio 2016 della banca si è chiuso in profondo rosso per le imponenti rettifiche dei crediti deteriorati. In futuro l’applicazione sempre più estesa dei criteri imposti dalla Bce anche alle Bcc — ancora sotto il controllo della Bankitalia — richiederà livelli ancora più elevati di copertura dei crediti deteriorati. Ciò verosimilmente spiazzerà il mondo del credito cooperativo, dove i livelli medi di coverage sono più bassi, rendendo appunto difficili da attuare politiche espansive».
Bini Smaghi voleva l’adesione alla holding di Cassa Centrale, ora la rotta potrebbe invece cambiare verso Iccrea. Lei che idea si è fatto?
«Premesso che bisognerebbe essere nella stanza dei bottoni per conoscere esattamente la situazione e le diverse opzioni sul tavolo, resta fermo che ChiantiBanca usa già da tempo il service informatico delle Casse trentine e, considerato il fatto che in Toscana solo la Bcc di Castagneto Carducci ha aderito alla holding di Cassa Centrale, essa avrebbe così più libertà di manovra. ChiantiBanca non sarebbe stretta, anche territorialmente, dalle altre 15 casse che hanno invece già aderito ad Iccrea».
Quella dei soci è stata anche una scelta politica?
«È ovvio che ci sia anche una lettura politica della vicenda. Legittimamente, ad esempio, la Federazione toscana delle Bcc ha tutto l’interesse ad avere al suo interno ChiantiBanca, perché così peserebbe di più nella holding nazionale. Parimenti avere Bini Smaghi alla guida poteva dare prestigio e capacità di relazioni verso l’esterno. È stato anche e soprattutto uno scontro politico».
Il nuovo corso di ChiantiBanca come influirà sul mercato bancario toscano?
«Non credo possa spostare molto. Forse si assisterà ad un piccolo stop alla possibilità di occupare spazi “lasciati liberi” da altri istituti, ma le dinamiche generali del mondo bancario vanno molto oltre l’area toscana. È la vigilanza europea che detta le regole, che chiede i requisiti patrimoniali e una riduzione del rapporto tra costi operativi e ricavi».
Riduzione dei costi e tagli, lì dove si è incagliata da tempo la trattativa con la Bce sul piano industriale di Mps.
«Esatto. Le azioni del Monte sono state sospese in Borsa il 22 dicembre, tra poco sono passati 5 mesi e ancora non sappiamo nulla... La trattativa si è bloccata sul taglio dei costi, e quindi del personale, perché l’Europa non vuole correre il rischio che la ricapitalizzazione dello Stato diventi aiuto di Stato, e poi trovarsi tra 2 o 3 anni di fronte alla richiesta di altri soldi. Non vuole, per capirsi, un altro caso Alitalia».
Come saranno le banche toscane tra due o tre anni?
«Avremo meno soggetti; banche più grandi ma più leggere, cioè con meno personale e sportelli. Del resto la stessa Ubi Banca, che ha rilevato Nuova Banca Etruria ad un euro, ha annunciato il taglio di un terzo del personale di Etruria e molti meno sportelli. Il modello del business bancario sta cambiato irreversibilmente e il mutamento sarà più rapido del recente passato».
In futuro istituti più grandi e più leggeri Tutte le Bcc spiazzate dalla nuove regole