Un anno fa il delitto Ieri all’Isolotto il ricordo coi genitori
Inchiesta sul «magazzino degli sprechi»: funzionario Estar ai domiciliari con due architetti
Era stato soprannominato il magazzino degli sprechi perché, acquistato nel 2012 per oltre 17 milioni di euro, era rimasto per molti anni abbandonato. Un’inchiesta della Procura di Firenze rivela adesso che dietro la lunga vicenda dell’edificio di Calenzano dell’Estar (ex Estav), l’ente regionale che cura gli acquisti della Asl, ci sarebbe una storia di corruzione.
Ieri ai domiciliari, su ordinanza del gip Antonio Pezzuti, sono finiti un dirigente dell’ente, Roberto Borchi, 61 anni, di San Giovanni Valdarno e gli architetti Ranieri Nidi, 49 anni, e Fabio Cenni, 57 anni. L’inchiesta del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, coordinata dal pm Paolo Barlucchi, ha preso il via da un procedimento disciplinare della Asl nei confronti del dirigente. Tutto inizia nel 2009 quando la Estav cerca un capannone per lo stoccaggio dei farmaci di Firenze, Prato e Pistoia. Borchi è il responsabile del procedimento. Arrivano due offerte: una della società Difin, l’altra dalla Targetti. L’Estav invita le società a presentare un’offerta di vendita correlata anche dai lavori di adeguamento. La Targetti si ritira sollevando dubbi sulla correttezza della procedura, lasciando così solo la Difin che sigla un contratto preliminare di compravendita del capannone di quasi 19 mila metri quadri a patto che risolva la propria esposizione debitoria con l’Agenzia delle Entrate e le banche. Il contratto però salta. Nel 2011 Estav si mette nuovamente alla ricerca di un capannone: questa volta arrivano otto proposte, ma la Difin non c’è. A sorpresa però, nel 2012 Estav stipula un nuovo contratto proprio con Difin per 17 milioni e 280 mila euro. «Una procedura anomala», secondo la Procura. Borchi per siglare quel contratto avrebbe indotto Massimo Diddi, amministratore di Difin, ad affidare l’incarico e la direzione dei lavori per 250 mila euro a un ingegnere amico, anche lui indagato per corruzione. Quel denaro sarebbe poi finito a Borchi attraverso incarichi di progettazione affidati ai due architetti. Diddi sarebbe poi stato indotto a concedere i lavori Il magazzino Estar (ex Estav) di Calenzano abbandonato per anni e ora nel mirino degli inquirenti di ristrutturazione e pulizia per 5 milioni di euro alla Sei srl, società riconducibile a Borchi stesso (lavori non eseguiti per mancanza delle garanzie bancarie). Borchi, per l’accusa, avrebbe ricevuto dal Diddi quasi 60 mila euro. Secondo gli inquirenti la moglie di Borchi, insegnante di matematica in Valdarno, deteneva fino al 2012 il 16,67% delle quote della Sei. Quote che nell’imminenza della stipulazione del contratto con la Difin, venivano cedute gratuitamente a Nidi che già deteneva delle quote. «Un imprenditore per ottenere un utile deve fare una ditta con una testa di legno» da cercare tra «plurifalliti e pregiudicati» e far comprare il materiale da usare nell’appalto da tale ditta che «glielo rivende e che però non paga i fornitori»: questa la «filosofia» di Borchi sugli appalti in una telefonata intercettata. Non solo, parlando di un appalto romano Borchi dice: «Questi li tengo per le palle... c’hanno un contratto con l’ente mio...». «Avevamo denunciato un quadro tragico a fine 2014 — dice Stefano Mugnai, capogruppo Fi in Regione, presidente della commissione di inchiesta sulla gestione degli immobili Asl — quando segnalammo l’assenza di meccanismi di controllo e un’eccessiva frammentazione che non consentiva di tracciare responsabilità e competenze».