Corriere Fiorentino

La festa popolare nelle vie in rosa (come per Gino)

Dal Piazzale alla Consuma, e oggi sull’Autosole

- Leonardo Bardazzi Mauro Bonciani

«È una giornata bellissima, irripetibi­le: babbo sarebbe stato contento, eccome». Luigi Bartali è commosso, accaldato come tutti, e stringe in mano la bandiera a scacchi dello start, che tante volte ha usato anche Gino. È mezzogiorn­o e mezzo, la «Tappa Bartali» (da Firenze a Bagni di Romagna) è appena partita da Ponte a Ema, davanti al museo del ciclismo intitolato a Ginettacci­o e a pochi metri dalla casa in cui nacque il campione fiorentino. La festa rosa di Firenze e la Toscana però è andata avanti tutto il giorno. Prima il Villaggio del Giro allestito al Piazzale Michelange­lo, poi Pontassiev­e, la Consuma e il passo della Calla.

Al chilometro zero

È la magia senza tempo del ciclismo, amplificat­a, stavolta, dall’amore per Bartali e dalla festa di Ponte a Ema, felice e orgoglioso per una giornata storica. Palloncini e bandiere rosa ovunque, anziani seduti sulla porta di casa ad aspettare la gara, una procession­e continua dentro il museo di Gino, tutti ad ammirare le bici e le maglie del ciclismo eroico: ci sono anche i giovani atleti della Aquila (la squadra che fu di Bartali), i ragazzi delle scuole dei dintorni, fiorentini, toscani, italiani e stranieri. Tutti lì, per godersi lo spettacolo. Di pubblico prima ancora che di sport. Nella calca ci sono una turista canadese e una giovane coppia giapponese, che addirittur­a si è fatta accompagna­re dalla guida per fare foto davanti al chilometro zero della tappa. Arriva pure un gruppo di australian­i, che da tre anni fa vacanza in Italia per il Giro: «Veniamo una settimana, con le biciclette e poi facciamo turismo, ora a Firenze, poi in Mugello — spiega Andrew — Bartali? È una bella storia. È importante essere qui». Al numero 118 di via Chiantigia­na, sopra il bar «L’Intramonta­bile», una lapide ricorda dove nacque Ginettacci­o e proprio lì sotto si sono piazzati tre vecchi amici di San Miniato. «Noi si va in bicicletta, ci piace sfidarci anche sulle salite — dice Giovanni, dai capelli bianchi — e io ho avuto la fortuna di vedere Bartali che si allenava. Ogni tanto veniva nelle nostre zone, faceva da San Miniato basso a San Romano e una volta lo seguii con il mio Guzzino: “Oh, stai attento, non vorrai mica buttarmi giù..!”; mi disse col suo vocione roco». Col passare dei minuti la folla cresce, sulla terrazza del museo non c’è più posto e Lisa Bartali, la nipote, è travolta tra telefonate e richieste di interviste. «È — racconta — una giornata particolar­e per noi e il museo, che ha visto oltre mille persone in una settimana: significa che se c’è comunicazi­one, eventi, la gente viene. È bellissimo vedere l’orgoglio dei paesani, dei fiorentini,

Tra i tifosi Striscioni, palloncini e parrucche: anche i bambini delle scuole sono lì ad applaudire il passaggio dei corridori

respirare la voglia di partecipar­e a questo omaggio al nonno. C’è un ricordo forte di lui». All’associazio­ne degli Amici del museo, presieduta da sempre da Andrea Bresci, c’è un ospite insolito: don Attilio Nostro, parroco romano di San Mattia. Oltre che ciclista per passione, don Attilio è anche pittore e ha donato a un quadro che raffigura Gino anziano e sorridente: «Mio babbo correva con una Legnano e Bartali era il suo idolo, ma sono qui per un altro motivo. Con il consiglio pastorale abbiamo deciso di intitolare l’oratorio della nostra parrocchia a Gino Bartali, sarà il primo in Italia e forse nel mondo. Perché? Non c’è un altro nome che unisca sport, fede e impegno sociale».

Pronti via

Fuori la temperatur­a e l’attesa salgono, iniziano a passare i ciclisti che precedono la corsa, qualcuno con bici d‘epoca e maglie e cappellini rosa. Si moltiplica­no gli scatti dei telefonini. È festa per il Museo, per il Circolo l’Unione, per i negozi, per l’Aquila. «Gino — ricorda Renato Masini, ex presidente del gruppo sportivo — è sempre rimasto legato alla sua società, ne era presidente onorario e veniva sempre alle feste,

A Ponte a Ema Il figlio Luigi: babbo sarebbe stato contento, giornata irripetibi­le La nipote Lisa: quante visite al museo, visto che può funzionare?

dava consigli ai ragazzi. Oggi l’Aquila ha una trentina di tesserati e molti di loro saranno sulla linea di partenza». In un ciclismo che cambia, che è sempre più multinazio­nale, cambia anche la società sportiva di Ponte a Ema che compie 90 anni e ha come atleta più forte una ragazza, Giorgia Scatarzi, campioness­a italiana su pista. La festa è interrotta per un attimo dall’arrivo di un’ambulanza a sirene spiegate, ma l’anziano che si è sentito male si riprende e rifiuta di andarsene prima di aver visto i ciclisti partire. Quando arriva la carovana a proposito, è un boato: vengono liberate colombe bianche in simbolo di pace e in memoria di Gino, il sindaco Dario Nardella accanto a Luigi Bartali dà il via, i ciclisti si alzano sui pedali e scattano, volando verso Bagno a Ripoli e due ali di folla che applaudono tutti, la maglia rosa come l’ultimo gregario.

Verso la salita

Sì, perché il ciclismo è così. Conta la strada, il sudore, la fatica della salita e della centinaia di chilometri. Sulla strada per Pontassiev­e si perde il conto dei cartelli, degli striscioni, dei palloncini attaccati ovunque. La cartolaia di via di Ripoli si è perfino vestita di rosa per accogliere il passaggio del Giro, un gruppo di tifosi invece a Rosano mostra la scritta: «Il ciclismo si ama». Si passa da Pontassiev­e, in pieno centro, dopo aver salutato Grassina e Sorgane. Si sale a Diacceto e i bambini delle scuole, i o sempliceme­nte i curiosi di turno, fanno a gara per prendersi i posti migliori per godersi lo spettacolo. Per strada, mentre la salita inizia a farsi pesante, si trovano camper, auto parcheggia­te nei posti più impensabil­i, pic-nic improvvisa­ti e tanti, tantissimi berretti rosa per coprirsi dal sole. Sì perché prima della carovana, passano le auto ammiraglie, le moto, la polizia, ma anche i furgoni dell’animazione. Un camion spara musica a tutto volume, i furgoni invece vendono («Solo 10 euro», urla il megafono) il kit tutto rigorosame­nte in rosa — t-shirt, cappello, fischietto e mini striscione con scritto «W il Giro d’Italia» — che tra i bambini va a ruba.

«Forza Nibali», scrive qualcuno su un cartello appeso al cancello di casa, «La Consuma saluta il Giro», si legge invece un chilometro prima del primo gran premio della montagna di giornata. Proprio alla Consuma, al confine tra le province di Firenze e Arezzo, inizia la vera bagarre in gara e si vive la reale atmosfera da Giro. La gente è lì dalla mattina «per non rischiare di vedersi chiudere le strade», gli alimentari del «pecorino e ricotta favolosi» (c’è scritto proprio così), delle schiacciat­e croccanti e del buon vino, brulicano di gente già tre ore prima dell’arrivo dei ciclisti. Le bici poi sono ovunque. Gli amatori dei club di Grassina, Pisa, Campi, Empoli, del Chianti, Stia e di decine di altri paesi toscani, si sono dati appuntamen­ti per salutare il Giro. Nessuno vuole mancare, neppure Giovanni, un anziano tifoso che indossa la maglia con scritto «Bartali Gran Fondo», la corsa di ormai molti anni fa, pensata per ricordare Ginettacci­o: «Correvo in bici quando c’era Gino, è sempre stato il mio idolo, sono qui per lui», dice mentre un gruppo di colombiani sventola le proprie bandiere: «Il Giro lo vince Quintana».

Sulla cima

Il pubblico ai lati della strada diventa folla all’apice della salita, ai 1.050 del Passo della Consuma. C’è pure un cane vestito in maglia rosa, mentre un gruppo di ciclo amatori fa la salita con parrucche rosa in stile clown. Si accendono fumogeni bianco, rosso e verdi e pure la barista dello chalet in cima alla salita (dove sventola una bandiera della Fiorentina) smette qualche minuto di tagliare schiacciat­e per godersi l’evento. È l’adrenalina da Giro, che sale ancora quando il passaggio di Nibali e compagnia si avvicina. «Tra cinque minuti ci sono», «C’è una fuga di 7, no 5 corridori». Le notizie di rincorrono, gli smartphone funzionano poco. I corridori comunque arrivano alla Consuma intorno alle 13.30, ma già a Borselli, tre chilometri prima, c’è stato il primo attacco di un gruppetto di fuggitivi. «Vai Nibali». Proprio attaccato al cartello con scritto «Gran Premio della Montagna», c’è un signore messinese, proprio come lo Squalo: «La bici è la mia passione, Nibali un mito», racconta. Il Gpm lo vince De Plus, belga del Quick Step, ma siamo alle prime schermagli­e, all’arrivo di tappa mancano più di cento chilometri. Alla Calla Fraile passa prima di tutti mentre la gente continua a urlare il suo entusiasmo, anche in strade così strette che sembra quasi di vivere uno di quei tapponi di montagna: «Marco e Michele in fuga tra le stelle», si legge su un drappo. Un dolce omaggio a Pantani e Scarponi, due protagonis­ti del Giro che oggi non ci sono più. All’arrivo in Romagna proprio lo spagnolo Omar Fraile beffa tutti, compreso il portoghese Rui Costa, che a Firenze, nel 2013, vinse il Mondiale. Nemmeno la tappa Bartali insomma ha potuto raccontare la prima vittoria italiana di questo Giro. Magari la volta buona sarà oggi, quando il Giro ripasserà dalle nostre terre, toccando il Mugello (la tappa inizierà a Forlì e si chiuderà a Reggio Emilia) per poi spingersi fino in autostrada. Di sicuro la marea rosa sarà ancora lì, a bordo strada. Perché quando il Giro ti passa sotto casa, non puoi non esserci.

 ??  ?? Il ritrovo della carovana del Giro d’Italia al Piazzale Michelange­lo
Il ritrovo della carovana del Giro d’Italia al Piazzale Michelange­lo
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 ?? (foto Niccolò Cambi/ Sestini) ?? La festa del Giro d’Italia al piazzale Michelange­lo prima del via
(foto Niccolò Cambi/ Sestini) La festa del Giro d’Italia al piazzale Michelange­lo prima del via
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