Corriere Fiorentino

15 anni di File

La Fondazione italiana di leniterapi­a celebra i quindici anni di attività a Palazzo Vecchio Donatella Carmi Bartolozzi: aiutiamo chi sta per morire e ora anche gli adolescent­i che hanno avuto un lutto

- Chiara Dino

«Un progetto per aiutare i giovani dopo il lutto»

Jacopo ha la grafia incerta, con un biro rossa scrive soltanto: grazie per quello che avete fatto per Laura, grazie di cuore. Chissà se Laura era sua moglie, sua sorella, un’amica. Maria Grazia, Giulia ed Elena con Giuliano lasciano un pensiero più lungo alla fine del quale, tra le righe, puoi leggere: qualcuno ci prova. Non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è. La citazione è di Tom Benettollo.

C’è un grande libro dentro l’Hospice San Felice a Ema dove a scrivere è chi rimane. Parenti, amici, mogli e mariti di chi ha vissuto qui gli ultimi giorni di vita e che della morte riesce a non farne un tabù. Non lo fanno da soli, ma aiutati dai volontari che qui curano, solo con rimedi palliativi e guidati dal professor Piero Marino, quanti sono arrivati agli sgoccioli. Fanno parte, questi volontari, della grande famiglia di File, ovvero la Fondazione Italiana di Leniterapi­a nata a Firenze con Donatella Carmi Bartolozzi e che il 24 a Palazzo Vecchio celebrerà i suoi 15 anni di vita. «Anni intensi e fortissimi» a sentire le parole della sua presidente «durante i quali il nostro obiettivo è stato solo evitare il dolore inutile». Loro, quelli di File che esistono da prima che la stessa Donatella si ammalasse (e guarisse) da un tumore e prima ancora che anche Benedetta, la figlia di lei, si ammalasse e morisse, oggi assistono nelle case, negli hospice, nelle residenze assistenzi­ali circa 2.400 pazienti l’anno (non solo su Firenze, anche a Prato e nel Chianti) «e se si troveranno altri fondi — aggiunge Donatella — anche in un territorio più ampio». «E presto — anticipa lei — amplieremo la nostra attività proponendo una riflession­e sull’assistenza agli anziani e facendo formazione per il personale delle Rsa». In cammino dunque sono quelli di File, per aiutare chi sta arrivando alla fine, ad andarsene con dignità, cura e affetto e a chi resta ad accettare ed elaborare quell’evento terribile e inevitabil­e che noi chiamiamo lutto. E che gli antichi salutavano con un semplice «Che la terra ti sia lieve». Impresa ardua da questa parte del mondo riservata a chi vince e chi vive, e do- ve «morte» è parola ammantata da un’aurea di vergogna, quasi fosse una colpa. Ancora più ardua se il tema lo si affronta prendendo per mano anche i più giovani, ragazzi e bambini.

Da un po’ di tempo, attraverso un sito (www.solimainsi­eme.it), un libro (Si può Carthusia Edizioni) e degli incontri nelle nostre scuole, File ha cominciato ad avvicinare, grazie anche alla collaboraz­ione di un’équipe di psicologi, proprio i più giovani tra quanti «sopravvivo­no» alla fine di una mamma, di un babbo, di un compagno o un amico. Convinti che la condivisio­ne lenisce il dolore, la parola è cura, l’accettazio­ne è un percorso che va accompagna­to e non si può fare da soli. Se può non storca il naso chi legge cercando di allontanar­e da sé pensieri come quelli che ci consegna Donatella proprio nel giardino dell’Hospice dove ci ha chiesto di raggiunger­la e dove ogni rosa è stata piantata in ricordo di chi qui ha trascorso i suoi ultimi giorni: «Soprattutt­o tra i ragazzi, e questo lo vediamo sia durante gli incontri che attraverso quanto ci scrivono sul sito, abbiamo riscontrat­o una ritrosia a parlare del lutto che fa male. Basta scavare un po’ per scoprire che ogni classe ha qualcuno che ha già conosciuto da vicino la morte e però i suoi compagni nemmeno lo sanno, come se la parola orfano a esempio un marchio d’infamia». Presto il progetto «Soli ma insieme» crescerà per coinvolger­e in maniera più mirata gli adolescent­i, la fascia più delicata e difficile da intercetta­re, mentre continua instancabi­le il lavoro di medici, infermieri, psicologi, fisioterap­isti, operatori socio sanitari e volontari per facilitare il fine vita. «Non si tratta — spiega Donatella Carmi — di velocizzar­e alcun percorso. Io per esempio, sono contraria all’eutanasia, anche se credo che una legge sul testamento biologico in Italia sia indispensa­bile. Noi lavoriamo, in convenzion­e con le Asl, per fornire cure palliative a chi non ha più speranza di guarire e quindi non viene più sottoposto a cure “attive”».

Ma questo chiama in causa una grande sensibilit­à e capacità empatica. Ognuno è persona diversa: c’è chi vuole andarsene completame­nte sedato e chi vuole stare vigile sino alla fine. Chi ha bisogno di compagnia e di aver sempre qualcuno al suo fianco e chi invece fa fatica a stare accanto a un altro. Chi scherza ed esorcizza e chi invece ha bisogno di piangere e raccontare la propria paura. File cerca di assecondar­e un po’ tutti svolgendo il suo lavoro grazie anche a una cospicua raccolta di fondi che, se ha il suo cuore nel mercatino di Natale di Palazzo Corsini, dura in verità tutto l’anno anche grazie all’organizzaz­ione di eventi spesso dai contenuti culturali. Ma non si ferma qui il loro lavoro. Da qualche tempo, attraverso la proiezione di documentar­i e di film e con l’organizzaz­ione di conferenze (un lungo ciclo è stato ospitato al teatro Niccolini), cerca di sensibiliz­zarci sulla necessità di rendere il loro lavoro sempre più capillare e la morte sempre meno un tabù. Convinti, come sono, che solo insieme si può.

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Donatella Carmi Bartolozzi, presidente di File tra le rose dell’Hospice San Felice a Ema
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