Senza segreti
Dopo 50 anni la Normale svela le lettere a Raffaele. Si parla anche dell’omicidio del padre, che resta un giallo
Normale, svelate le lettere di Pascoli al fratello Raffaele
La chiave del mistero dell’omicidio di Ruggero Pascoli, padre di Giovanni, non è nel carteggio fra il poeta e il fratello. Ma la storia familiare del grande poeta romagnolo, è ora completa, così come il suo archivio. È quanto emerge dal libro Il fratello ritrovato, le lettere di Giovanni Pascoli a Raffaele (1882-1911), a cura delle Edizioni della Normale, una pubblicazione della ricercatrice Alice Cencetti, presentata ieri a Palazzo della Carovana, sull’epistolario fino ad oggi segreto fra Pascoli e il fratello Raffaele. Ben 389 lettere scritte fra il 1882 e il 1911, rimaste chiuse in cassaforte, accompagnate dall’atto notarile, prima di essere aperte e studiate. Nel centro archivistico della Scuola Normale — dove la figlia Luigia aveva depositato le lettere, chiedendo la garanzia di segretezza per 50 anni dalla sua morte — è venuto alla luce per la prima volta il dialogo al maschile tra i componenti della famiglia Pascoli. «Un dialogo spesso condizionato se non addirittura offuscato dalla sapiente strategia biografica della sorella Maria — spiega Diana Toccafondi, soprintendente archivistico e bibliografico della Toscana — oggi più visibile grazie al lavoro di Cencetti. Così come emerge — aggiunge — il rapporto frammentato tra biografia e autobiografia, immagine e rappresentazione del poeta». A lungo si è discusso del contenuto delle lettere, pensando che avrebbero dato risposte al giallo della morte del padre Ruggero, il trauma che più di altri condizionò la sua opera. «Invece, nessuna rivelazione sul delitto paterno viene fatta — racconta la curatrice Alice Cencetti — ci sono considerazioni sull’omicidio, ricostruzioni di atti processuali, descrizione delle caratteristiche di alcuni indiziati, ma nessuna rivelazione fondamentale». Perché quindi il segreto? «Forse — risponde Cencetti — Raffaele voleva proteggere l’intimità della sua famiglia e soprattutto quella del fratello famoso.
Le lettere ridimensionano molto il mito di un Pascoli invischiato morbosamente dal legame con le proprie sorelle, sia perché non vi si trovano accenni a rapporti presunti illeciti, ma soprattutto perché quegli stessi affetti legavano Giovanni al fratello, e in misura quasi analoga Raffaele a Giovanni. Almeno fino a che “Falino”, così lo chiamava, non si costruì un proprio nucleo familiare». Il libro si apre quindi con l’analisi dei retroscena e delle pulsioni che alimentano i rapporti fra i fratelli e le sorelle Pascoli, ed è proprio quando Raffaele si stacca dal nucleo originario che a Giovanni non resta che prendere atto del suo diverso destino: «Sono uccello venuto al mondo a cantare senza fare il nido», scrive. È con Raffaele, inoltre, che Pascoli usa un linguaggio più franco, diretto, e racconta «a volte con un linguaggio ostentatamente trivio, anche alcune vicende pratiche della propria vita», dice Cencetti. Il libro esamina quindi la carriera lavorativa, liceale, universitaria e artistica di Giovanni: «Con particolare attenzione al conflitto quasi edipico che vive nei confronti di Carducci, altro mito ormai sfatato», spiega la ricercatrice. E si sofferma quindi, nell’ultima parte, sulla storia editoriale della biografia scritta dalla sorella Maria, Lungo la vita di
Giovanni Pascoli. «Con queste carte — conclude — emerge un Pascoli uomo tra gli uomini, rimasto chiuso in quella valigetta comparsa alla Scuola Normale il 5 marzo 1993».
Le missive, scritte tra il 1882 e il 1911 e ora raccolte in un libro ridimensionano molto il mito del poeta invischiato morbosamente dal legame con le proprie sorelle