CONTROCORRENTE TRA BEI PALAZZI, IN FUGA DAL MANGIFICIO
Da quando via de’ Neri si è trasformata nel distretto delle schiacciate con la finocchiona, tanta è la folla che si intasa negli spacci principi di tal prodotto (e nelle imitazioni sorte a prosperare sulle briciole), che la prassi del fiorentino di buonsenso è quella di lasciarsela dietro più velocemente possibile, oppure di evitarla in toto, indirizzandosi in una traversa. È così che potrà scoprire via de’ Rustici, strada invisibile ai più sia per la direzione, controcorrente, che per la sua utilità relativa, dato che mena nella poco ricettiva piazza dei Peruzzi. In realtà, e anche per questo legame, la via presenta una successione ininterrotta di palazzi, palazzotti e edifici di pregio. A cominciare dal primo: tanto stretta è la via che non ci si accorge, nell’affiancarne il muro a pietra viva all’imbocco, di aver a che fare con una chiesa, quella trecentesca di San Remigio. Nel breve tratto che segue si avvicendano uno dopo l’altro il Palazzo Nori, già dei Rustici, dei quali reca ancora lo stemma leonino; la quattrocentesca Casa Mannini; l’enigmatico Palazzo Visconti di Modrone, sul quale nonostante la mole, il pregio e il mezzo secolo d’età, esistono poche notizie nelle fonti, documentando le medesime solo un «rovinoso restauro» d’era littoria che avrebbe cancellato i tratti chiave dell’edificio, ma non i suoi undici ordini di finestre; il Palazzo Peruzzi-Martini, pure ritoccato, ma con maggior grazia, nel Settecento, così come l’attiguo Palazzo Venerosi-Pesciolini; il cinquecentesco Palazzo Borgianni; la Casa Serristori, apparentemente moderna da fuori ma addirittura medievale dentro; e se non v’è più traccia della loggia de’ Rustici, distrutta dopo la fine della famiglia che le dà il nome oggi, permane invece la Torre dei Peruzzi, ovvero coloro che, possedendo di fatto tutto il quartiere, le davano il nome prima: lì, addossata al perimetro dell’antico anfiteatro, sfoggia ancora la sua formella con San Bartolommeo, protettore della stirpe, che ha la funzione di un primo invito ad alzare lo sguardo e scoprire non solo la torre ma la vertigine di tutti gli altri palazzi, per buon giovamento tanto del fiorentino in fuga quanto del turista che, complice la deviazione, si trovi a preferire l’«art» al «food».