L’ITALIA DI MILANO (E DI VIA SPAVENTA)
Un caso che si trascina da quattro mesi, tra legalità e solidarietà. Con tre protagonisti. Padre Brovedani, che non intende chiedere lo sgombero per motivi etici e religiosi, in sintonia con papa Francesco. Il Comune con l’assessora Sara Funaro, che ribadisce che «dal momento che la proprietà non richiede lo sgombero, i tempi per liberare l’immobile non si possono determinare». I rifugiati, che pretendono una soluzione abitativa e lavorativa rapida per tutti, anche se provengono da diversi Comuni toscani e hanno esigenze e condizioni diverse. Lo stallo di via Spaventa è la metafora delle contraddizioni del nostro sistema di accoglienza. Bisogna avere tre volte coraggio, nel chiedere ai migranti che vogliono fermarsi in Italia il rispetto della legge e l’impegno a mostrare interesse a un inserimento lavorativo; nel chiedere alle istituzioni di operare per risolvere i problemi dell’accoglienza, anche se non collimano con la lettera della legge; nel chiedere alle associazioni assistenziali di essere conseguenti con la loro missione e di non cedere alla illegalità o alla corruzione. Soprattutto bisogna che il governo, ma anche l’opinione pubblica, riesca a tenere insieme la richiesta di sicurezza e il rispetto dei diritti umani: un principio ribadito con forza dalla manifestazione di piazza che si è svolta ieri a Milano, con il presidente del Senato Grasso e il sindaco Sala in prima fila, alla quale hanno partecipato decine di migliaia di persone, assai più delle previsioni. Al di là della rituale contestazione dei centri sociali contro il Pd per i decreti Minniti, c’è da augurarsi che la volontà espressa dallo slogan «Insieme senza muri» possa diventare anche la sintesi, finalmente, di una vera e propria politica italiana dell’immigrazione, fatta di accoglienza, ma anche di regole. L’unico modo per combattere paure, inciviltà e anche corruzione.