Da Scandicci a Napoli, per imparare dal prof Sarri
Marco Braschi è amico del mister di Figline: «Abbiamo iniziato insieme, è il più bravo di tutti»
Sui social posta orgoglioso quella foto, dall’ufficio con vista sui sogni. «Lui è rimasto Maurizio». E lui invece è Marco. Marco Brachi, allenatore dello Scandicci in serie D (giunto settimo in classifica nel girone D) e ospite di Sarri nel centro sportivo del Napoli, a Castel Volturno.
«Ma — racconta — vado spesso a trovarlo: sono stato due volte in ritiro a Dimaro, per la partita a Reggio col Sassuolo, a Firenze ci siamo visti in albergo il giorno prima della gara al Franchi. Parliamo di pallone. Lui non solo è il migliore, e lo dico da “gobbo”: se Allegri è un grande stratega nessuno è più bravo di Sarri ad insegnare calcio. Ma è anche la persona che sembra: vero. Ci conosciamo da quando avevamo vent’anni e giocavamo contro, io nel Cortona e lui a Castelnuovo». Hanno cominciato assieme, Maurizio da Figline e Marco da Pontassieve, sono diventati amici nei campetti delle categorie più basse della Toscana. «L’ho incrocia- to nell’anno in cui diventò allenatore/giocatore a Stia e quando ha preso la prima vera panchina alla Faellese: era una partita di Coppa Italia di Seconda Categoria, passammo noi del Dicomano ma senza superare la metà campo: Maurizio era già avanti. In Eccellenza nel ‘97, io a Poppi e lui alla Valdema, la prima volta contro da colleghi in panchina... è anche l’unica in cui l’ho battuto, lo esonerarono».
Adesso, vicino alla loro foto nello spogliatoio del Napoli, Brachi scrive su Facebook «A lezione dal numero uno! Che soddisfazione parlare di calcio con te!», ricordando quei viaggi insieme a Salsomaggiore a seguire i corsi di aggiornamento degli allenatori più in voga dell’epoca. Quando Sarri lavorava ancora in banca, Brachi in proprio. «Poi rappresentante, carta e detersivi. Avevo smesso per aprire un ristorante ma non è andata bene e da ottobre ho ricominciato con un’azienda alimentare».
Mai pensato di mollare l’impiego come Sarri e giocarsi tutte le fiches? «Non me lo sono potuto permettere. Maurizio nel 2001 ebbe coraggio, guadagnava bene... Faccio un campionato in cui ci chiedono di essere professionisti in tutto tranne che per lo stipendio. In serie D sai quanti ce ne sono che potrebbero stare più su, almeno in Lega Pro? Anche io me le sono fatte e vinte tutte le categorie prima, però mi sono fermato all’ultimo scalino: sono andato bene, degli ultimi dieci campionati ne ho sbagliato solo uno, ma mi è mancato qualcosa».
Eppure quell’amico è un esempio. «Nel calcio di oggi è difficile salire senza padri e padrini ma qualcuno ce la fa, guarda anche Leonardo Semplici. Io mi sento pronto — racconta il mister dello Scandicci — ho 54 anni, voglio allenare nei professionisti, almeno una volta». Sarri a 55 è arrivato in serie A, poi in Champions. «Cosa mi ha detto a Castel Volturno? Che insegue un sogno». Anche lui.