Corriere Fiorentino

Il vino e l’alta finanza, una storia d’amore da Agnelli a BlackRock

I fondi internazio­nali tornano a investire nelle vigne. E anche i grandi manager

- di Aldo Fiordelli

«Investite in vino, male che vada potrete sempre berlo» diceva Gianni Agnelli. L’avvocato predicava così bene che a cavallo degli anni Ottanta è stato anche maggiore azionista di Chateau Margaux, uno dei più grandi rossi di Bordeaux che era solito bere versandone un cucchiaino in fondo alla flute di Champagne. L’investimen­to nel vino sta diventando però sempre più frequente anche in Toscana dove è protagonis­ta e le ragioni, oltre che sociali, sono soprattutt­o economiche.

Merrill Lynch ad esempio in un suo report di fine 2016 ha sostenuto che gli asset reali come la proprietà, vigne o cantine, sono ai loro minimi storici rispetto ad equities e bond da quando questi ultimi sono nati negli Anni Venti. Per quanto riguarda l’investimen­to in vino in senso stretto, i favori sono su quasi tutti i report dei fondi d’investimen­to. Le ragioni sono molteplici, ma si possono riassumere nel fatto che secondo tutti gli analisti ci troviamo nella quiete dopo una tempesta perfetta e quindi il momento d’investire è propizio.

La storia è questa. Il Liv-Ex, l’indice finanziari­o del vino, fino al 2011 è cresciuto a due cifre, distribuen­do rendimenti solidi. L’anno precedente, nel 2010, era uscito uno studio di due professori svizzeri, ancora oggi preso a riferiment­o. Si intitolava: «Raise your glass. Wine investment and the financial crisis». Nello studio i due esperti evidenziav­ano come il vino potesse diventare un bene d’investimen­to vantaggios­o. Ma poi è successo qualcosa. L’Eurozona entrava in crisi, il Giappone che resta uno dei mercati più raffinati del vino si trovava a fronteggia­re lo tsunami, i Bordeaux erano stati sopravvalu­tati, la Cina pose una stretta sui regali costosi e la corsa a vendere fece il resto.

Finito l’ottimismo sugli investimen­ti in vino? Uno degli elementi che senz’altro hanno tenuto bassi i valori di rendimento dei fondi sul vino era una sterlina forte. Le transazion­i sul vino si fanno in sterline e la domanda di bottiglie top arriva soprattutt­o da fuori il Regno Unito, così per i trader il mercato finanziari­o ha maggiori costi rispetto a quello di altri settori. I principali indici sul vino persero in questo frangente, e cioè tra la metà del 2011 e luglio del 2015, il 36%: la più grande correzione al ribasso da quando il Liv-Ex è nato nel 1988. Ora però la sterlina più debole ha rilanciato il settore. Inoltre i fondi d’investimen­to sul vino sono stati regolati in maniera più puntuale e resi dalle istituzion­i finanziari­e più sicuri. Ce n’è uno che investe in vino italiano. Si chiama «Vinthedge» e sta puntando molto proprio su alcuni vini toscani come Tignanello e Solaia, da poco entrati nelle quotazioni del Liv-Ex.

Oltre agli investimen­ti finanziari, sul vino ci sono anche gli investimen­ti dei finanzieri. Le voci più recenti parlano dell’arrivo a Bibbona di Philipp Hildebrand, banchiere svizzero, vice chairman del fondo di investimen­to BlackRock, tra i più importanti del mondo — gestisce asset per 5.100 miliardi di dollari — e, tra l’altro, ex presidente del consiglio di gestione della Swiss National Bank. Secondo WineNews il finanziere avrebbe acquistato, a titolo personale, 20 ettari di terreno, di cui 6 in fase di impianto a vigneto proprio a Bibbona, non lontano dalla Tenuta di Biserno di Lodovico Antinori, con la volontà di costruire praticamen­te da zero una nuova azienda nel territorio, cantina compresa. Nonostante non si trovino riscontri diretti sul territorio, l’enologo Riccardo Cotarella, che dovrebbe occuparsi del progetto, ha di fatto confermato la notizia dichiarand­o però che ancora è presto per parlarne perché non ci sono i contratti.

Quelli dei magnati dell’alta finanza spesso sono investimen­ti tout court. Nel 2001 ad esempio Manfred Bernau, industrial­e e finanziere tedesco acquistò la tenuta Castiglion del Bosco, poi divenuta con Massimo Ferragamo un fiore all’occhiello dell’ospitalità a Montalcino — ultimo ospite Barack Obama, che durante la sua vacanza toscana ci ha trascorso due giornate sul green — e oggi entrata nella catena super lusso Rosewood.

Viceversa Claudio Tipa e Fabio Bertarelli, che guidano il gruppo farmaceuti­co svizzero di Serono hanno acquistato prima Collemassa­ri a Montecucco e Grattamacc­o a Bolgheri, poi Poggio di Sotto a Montalcino e dimostrato insomma un interesse diretto e concreto nella produzione del vino toscano. In mezzo ci sono realtà storiche dove il mondo dell’alta finanza è entrato già dal lontano 1978 come San Felice, nel Chianti classico della Berardenga, gestita da Mario Cuccia come Gruppo Allianz con cantina, relais e ristorante gourmet.

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Philip Hildebrand, numero due di BlackRock Sopra, Gianni Agnelli. A destra, le vigne di Castiglion del Bosco
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