COME CURARE L’ALTA PRESSIONE
La Cna ha presentato un’analisi sulla pressione fiscale subita dalle imprese artigiane che merita di essere attentamente considerata, a parte il ricorso all’inattendibile parabola ad effetto di contare i giorni per cui i contribuenti lavorano per lo Stato, e solo da lì in poi (il «tax free day») possono trattenere i frutti del proprio lavoro. La parabola fa intravedere un mondo ideale, senza tasse, in cui fin dal primo giorno dell’anno si potrebbe lavorare per se stessi. Ma allora che ne sarebbe della scuola dei figli, della pensione delle nonne e delle cure mediche? Senza considerare tutte le spese pubbliche rivolte al funzionamento dell’economia (infrastrutture, regolazione dei mercati, servizi pubblici) e che sono strumentali anche all’attività delle stesse imprese artigiane.
Non credo che gli estensori del rapporto della Cna preferirebbero la soluzione di pagare questi servizi direttamente con il reddito della propria attività senza l’intrusione dello Stato, rivolgendosi a scuole private, compagnie private di assicurazione malattia, eccetera. Chi sa dove cadrebbe il «tax free day» in questo caso? Quindi le imposte servono eccome, e devono essere pure sostanziose visto che la spesa pubblica supera la metà del Pil, in Italia come nella gran parte dei Paesi europei. E per di più da noi abbiamo anche un assillante problema di rientro dal debito pubblico che impone avanzi primari ancora per molto tempo.
Detto questo non possiamo però non riconoscere come il carico fiscale complessivo che grava sulle imprese sia eccessivo e sia uno degli ostacoli più grandi per la crescita dell’economia. I dati presentati da Cna sono chiari, anche se si dovrebbe accuratamente distinguere tra tributi erariali veri e propri, contributi sociali che vanno agli enti previdenziali, imposte locali (regionali e comunali) e depurare le imposte indirette il cui carico viene poi trasferito sui prezzi di vendita e quindi sui consumatori. Sarebbe poi opportuno tenere separati nel total tax rate i prelievi che hanno natura tariffaria, cioè corrispettivi commisurati ai costi di servizi pubblici indispensabili, come la Tari (la tariffa sul servizio di raccolta rifiuti). In merito ai confronti entro la regione, la ripartizione territoriale della pressione fiscale dipende in gran parte da fattori endogeni, in particolare dalla distribuzione delle basi imponibili e quindi dall’attività economica prevalente (aree metropolitane, turistiche, distretti industriali).
Infine il carico tributario è ormai quasi tutto originato da scelte statali, dato il drastico ridimensionamento negli ultimi anni dell’autonomia tributaria degli enti decentrati. Recentemente si è fatto molto per ridurre il carico fiscale sulle attività economiche, con le riduzioni dell’Irap, dell’imposta sul reddito di impresa, estraendolo dall’Irpef e quindi gravandolo proporzionalmente. Ma bisogna continuare in questa direzione, anche a scapito, nel caso, delle agevolazioni fiscali alle famiglie. C’è infine molto ancora da fare in tema di adempimenti fiscali, nei confronti dei quali le lamentele degli artigiani hanno un assoluto fondamento.