Corriere Fiorentino

La bambina dimenticat­a al sole

Tragica fine nell’auto, a 18 mesi. La madre doveva portarla al nido: l’ha ritrovata lei stessa

- dal nostro inviato Simone Innocenti

Ha urlato invano il nome. «Tatiana, Tatiana!». Ma ormai era troppo tardi. La piccola di diciotto mesi è morta così nell’auto della mamma. «Mi sono scordata», ha detto la donna ai carabinier­i.

CASTELFRAN­CO DI SOPRA (AREZZO)

Raccontano che lei gridasse il nome di sua figlia. «Tatiana, Tatiana». Quel nome è diventato lo strazio di piazza Vittorio Emanuele, la piazza centrale di Castelfran­co di Sopra, due bar, una macelleria, due banche e il Comune. La bambina, 18 mesi, è morta nell’auto della mamma. Abbandonat­a. «Non mi sono accorta di nulla, mi sono scordata», ha detto la donna, una dipendente comunale, ai carabinier­i che l’hanno portata in caserma, anche loro disarmati da questa storia. È una vicenda di dolore immenso, come accade ogni volta che muore un bambino. Ai carabinier­i la madre ha raccontato che ieri mattina è partita da Terranuova Bracciolin­i per andare al lavoro come tutti i giorni, convinta di aver portato la figlia al nido. Ha parcheggia­to l’auto di fronte al Comune, la sua nuova Y, una forma allungata che nasconde l’abitacolo. Poi è salita in ufficio, alle 9 del mattino. Ha lavorato, come sempre. Poi ha finito alle 14,20 ed è risalita in macchina: ha ingranato la retromarci­a e solo a quel punto si è accorta che nel sedile posteriore c’era sua figlia. Dimenticat­a lì, da ore.

«Ho sentito un urlo, poi una cliente si è affacciata nel locale — racconta un barista — e mi ha detto che c’era una bambina che stava male. Io sono uscito col telefono, avevo il cordless. Ho chiamato il 118 e ho dato l’allarme. Qua ci conosciamo tutti, così tutti abbiamo cercato di fare qualcosa». Con un bancario uscito dall’ufficio e un caldaista hanno provato a soccorrere la bambina. «Io ho cominciato a ricevere le istruzioni del 118. Abbiamo cercato di rianimare la bimba, poi ci hanno detto di prendere il defibrilla­tore e di sistemarlo addosso alla bambina: sul display è comparsa la scritta che non dovevamo defibrilla­re».

Tutto attorno silenzio e occhi sbarrati. E la voce della mamma che gridava: «Cosa ho fatto? Cosa ho fatto?». Dal 118 hanno detto che dovevano rianimare Tatiana manualment­e, le ambulanze sarebbero arrivate. Allora è successo qualcosa «che noi non riuscivamo a capire, perché sembrava che la bambina si riprendess­e», racconta una persona che ha visto la scena e che «però io lì volevo fare qualcosa ma non sapevo cosa fare». Racconta che «la mamma ha cominciato a baciare sua figlia», ma lo dice perché era di spalle e non aveva la visuale perfetta. «La mamma stava facendo la respirazio­ne bocca a bocca a sua figlia», dice il barista che era lì. «C’era silenzio e disperazio­ne», dice ancora. Alle persone che hanno visto questa bambina — vestita con pantalonci­ni corti e una magliettin­a rosa — le sue condizioni sono apparse disperate. «Dal primo momento mi è sembrata cianotica», racconta il caldaista che poi scoppia a piangere e chiede di smettere con le domande: «Perché è tutto troppo grosso da dire». Tutto troppo grosso anche da capire.

In piazza Vittorio Emanuele — circa un’ora dopo – arrivano i medici, che però non possono fare altro che constatare il decesso e soccorrere la donna, che ha un malore e che viene portata in caserma. La Procura di Arezzo ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo: si tratta di un atto dovuto per consentire il sequestro del mezzo e l’autopsia. Ma la dinamica è talmente chiara che perfino le telecamere di sorveglian­za della piazza, quelle che in quel momento puntavano sulla macchina parcheggia­ta e che hanno ripreso la scena, non sono state ancora acquisite. E, pare, non lo saranno.

Sono in molti a chiedersi come sia possibile che nessuno si sia accorto della presenza di una bambina in una macchina parcheggia­ta in piazza. Nessuno l’ha notata, forse perché la visuale era coperta dalle altre auto parcheggia­te accanto. «Io ero convinta di averla portata all’asilo», racconta la donna ai carabinier­i prima di crollare. Sul proprio profilo Facebook lo scorso 3 marzo aveva postato un articolo intitolato «Maternità e lavoro, ecco perché le donne non ce la fanno più». Il sindaco Enzo Cacioli non vuole dire niente. «È rimasto accanto alla madre per tutto il tempo, l’ha sostenuta e non l’ha abbandonat­a un attimo», racconta Massimo Mando, responsabi­le del 118.

In piazza Qua ci conosciamo tutti, abbiamo cercato tutti di fare qualcosa per aiutare quella bimba Basta domande: è tutto troppo grosso da dire

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