La bambina dimenticata al sole
Tragica fine nell’auto, a 18 mesi. La madre doveva portarla al nido: l’ha ritrovata lei stessa
Ha urlato invano il nome. «Tatiana, Tatiana!». Ma ormai era troppo tardi. La piccola di diciotto mesi è morta così nell’auto della mamma. «Mi sono scordata», ha detto la donna ai carabinieri.
CASTELFRANCO DI SOPRA (AREZZO)
Raccontano che lei gridasse il nome di sua figlia. «Tatiana, Tatiana». Quel nome è diventato lo strazio di piazza Vittorio Emanuele, la piazza centrale di Castelfranco di Sopra, due bar, una macelleria, due banche e il Comune. La bambina, 18 mesi, è morta nell’auto della mamma. Abbandonata. «Non mi sono accorta di nulla, mi sono scordata», ha detto la donna, una dipendente comunale, ai carabinieri che l’hanno portata in caserma, anche loro disarmati da questa storia. È una vicenda di dolore immenso, come accade ogni volta che muore un bambino. Ai carabinieri la madre ha raccontato che ieri mattina è partita da Terranuova Bracciolini per andare al lavoro come tutti i giorni, convinta di aver portato la figlia al nido. Ha parcheggiato l’auto di fronte al Comune, la sua nuova Y, una forma allungata che nasconde l’abitacolo. Poi è salita in ufficio, alle 9 del mattino. Ha lavorato, come sempre. Poi ha finito alle 14,20 ed è risalita in macchina: ha ingranato la retromarcia e solo a quel punto si è accorta che nel sedile posteriore c’era sua figlia. Dimenticata lì, da ore.
«Ho sentito un urlo, poi una cliente si è affacciata nel locale — racconta un barista — e mi ha detto che c’era una bambina che stava male. Io sono uscito col telefono, avevo il cordless. Ho chiamato il 118 e ho dato l’allarme. Qua ci conosciamo tutti, così tutti abbiamo cercato di fare qualcosa». Con un bancario uscito dall’ufficio e un caldaista hanno provato a soccorrere la bambina. «Io ho cominciato a ricevere le istruzioni del 118. Abbiamo cercato di rianimare la bimba, poi ci hanno detto di prendere il defibrillatore e di sistemarlo addosso alla bambina: sul display è comparsa la scritta che non dovevamo defibrillare».
Tutto attorno silenzio e occhi sbarrati. E la voce della mamma che gridava: «Cosa ho fatto? Cosa ho fatto?». Dal 118 hanno detto che dovevano rianimare Tatiana manualmente, le ambulanze sarebbero arrivate. Allora è successo qualcosa «che noi non riuscivamo a capire, perché sembrava che la bambina si riprendesse», racconta una persona che ha visto la scena e che «però io lì volevo fare qualcosa ma non sapevo cosa fare». Racconta che «la mamma ha cominciato a baciare sua figlia», ma lo dice perché era di spalle e non aveva la visuale perfetta. «La mamma stava facendo la respirazione bocca a bocca a sua figlia», dice il barista che era lì. «C’era silenzio e disperazione», dice ancora. Alle persone che hanno visto questa bambina — vestita con pantaloncini corti e una magliettina rosa — le sue condizioni sono apparse disperate. «Dal primo momento mi è sembrata cianotica», racconta il caldaista che poi scoppia a piangere e chiede di smettere con le domande: «Perché è tutto troppo grosso da dire». Tutto troppo grosso anche da capire.
In piazza Vittorio Emanuele — circa un’ora dopo – arrivano i medici, che però non possono fare altro che constatare il decesso e soccorrere la donna, che ha un malore e che viene portata in caserma. La Procura di Arezzo ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo: si tratta di un atto dovuto per consentire il sequestro del mezzo e l’autopsia. Ma la dinamica è talmente chiara che perfino le telecamere di sorveglianza della piazza, quelle che in quel momento puntavano sulla macchina parcheggiata e che hanno ripreso la scena, non sono state ancora acquisite. E, pare, non lo saranno.
Sono in molti a chiedersi come sia possibile che nessuno si sia accorto della presenza di una bambina in una macchina parcheggiata in piazza. Nessuno l’ha notata, forse perché la visuale era coperta dalle altre auto parcheggiate accanto. «Io ero convinta di averla portata all’asilo», racconta la donna ai carabinieri prima di crollare. Sul proprio profilo Facebook lo scorso 3 marzo aveva postato un articolo intitolato «Maternità e lavoro, ecco perché le donne non ce la fanno più». Il sindaco Enzo Cacioli non vuole dire niente. «È rimasto accanto alla madre per tutto il tempo, l’ha sostenuta e non l’ha abbandonata un attimo», racconta Massimo Mando, responsabile del 118.
In piazza Qua ci conosciamo tutti, abbiamo cercato tutti di fare qualcosa per aiutare quella bimba Basta domande: è tutto troppo grosso da dire