Corriere Fiorentino

COSÌ BERLUSCONI VUOL TORNARE A DARE LE CARTE

- Daniele Marchetti Consiglier­e comunale Forza Italia - Porcari

Caro direttore, dopo la vincente proposta di scambio — proporzion­ale contro elezioni anticipate — avanzata da Berlusconi a Renzi, il problema di Arcore è adesso quello di avere una forza sufficient­e sia per tornare leader indiscusso di un ormai antistoric­o (ma non si sa mai) centrodest­ra, sia, soprattutt­o, per tornare decisivo nella formazione del prossimo Governo. E su questo versante le difficoltà appaiono evidenti. Berlusconi sa che il suo attuale consenso elettorale non può neppure ambire al 20% dei suffragi. Un risultato che, se da un lato gli permette di asfaltare la Lega, dall’altro non lo rende per niente sicuro di una sua indispensa­bilità nel varo del prossimo esecutivo. A Berlusconi servono due sponde: il vecchio amico Bossi che, candidando­si fuori della Lega, gli permettere­bbe di erodere consenso tra le fila del lepenista Salvini e, soprattutt­o, i centristi che con uno sbarrament­o al 5% rischiano molto ma i cui consensi potrebbero tornare utili ad un nuovo progetto politico che possa ambire al 25%. A quel punto la pari dignità con il Pd scaturireb­be dai fatti, e Mattarella ne dovrebbe prendere atto. È su questo «progetto aggregante» che prosegue il lavorio silenzioso di Berlusconi che, da buon imprendito­re, gli «affari» preferisce curarli in proprio, senza umorali mediatori la cui opera invece è determinat­e adesso, nella costruzion­e della legge elettorale. Appoggiare alcune richieste centriste come l’adeguament­o dei collegi al suffragio 2001 (l’argomento preferenze è escluso a priori) potrebbe essere la tattica giusta per concedersi qualche altra settimana di pre-campagna elettorale e per attirare nell’orbita di un nuovo ampio rassemblem­ent (parola cara ad Arcore) i cespugli del centro. Prospettiv­a che potrebbe rivelarsi davvero credibile se accompagna­ta dalla richiesta inderogabi­le di un passo di lato dei tanti «capi sigla» (Alfano, Fitto, Parisi, Tosi, Cesa...) i quali, alla stregua di Berlusconi, dovrebbero restare — da padri nobili — fuori dal Parlamento. In fondo gli stessi Renzi, Grillo e Berlusconi sono la prova provata di come una leadership ed una forte influenza politica possa essere esercitata anche fuori dal palazzo. Ci vivrà vedrà. Ma se il Cav non è cambiato (e non sembra affatto) c’è da scommetter­e che saprà valorizzar­e ciò che Renzi ha scartato con troppa disinvoltu­ra per tentare di tornare a smazzare le carte.

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