Corriere Fiorentino

In via Giusti, tra le macchine della scienza

Via Giusti: la Fondazione Scienza e Tecnica, una storia iniziata nell’Ottocento Tra turbine, fiori in gesso, tele cerate e invertebra­ti marini in vetro, un inno al sapere unitario

- di Daniela Cavini

L’indirizzo è lo stesso, e così le aule, le macchine, gli strumenti didattici. Persino gli armadi sono sempre quelli. Benvenuti all’Istituto Tecnico Toscano di via Giusti: la macchina del tempo ci scarica qui, siamo nel 1891, e il futuro della scienza non è mai sembrato così radioso; in nessun altra epoca l’uomo è stato altrettant­o certo che le conquiste tecnologic­he possano affrancarl­o da privazioni e fatiche quotidiane.

A centinaia gli studenti si iscrivono al più autorevole Istituto italiano di scienza e tecnologia, pronto a sfornare generazion­i di proto-industrial­i ed artigiani devoti alla crescita del paese. Qui nascono gli ingegneri destinati a potenziare i vari settori dell’industria manifattur­iera della Toscana, i tecnici capaci di incrementa­rne lo sviluppo agricolo. La rivoluzion­e industrial­e ottocentes­ca trova sui banchi dell’Istituto il proprio motore. È stato il Granduca Leopoldo II, nel 1853, a fondarlo, sull’esempio del Conservato­rio d’Arti e Mestieri di Parigi, introdotto in Italia dai francesi a inizio ‘800. Una scuola d’avanguardi­a, figlia di un preciso disegno riformator­e, in cui insegnamen­to e ricerca si nutrono l’uno dell’altra; in cui si pratica «un sistema di studio ben diverso da quello di prima, e maggiormen­te diretto all’utilità delle arti diverse, alle quali è appoggiato il comodo del viver nostro» (Antonio Targioni Tozzetti).

Grazie all’impulso iniziale del primo direttore — il matematico pisano Filippo Corridi — grazie alle esposizion­i internazio­nali, ai convegni degli scienziati, alla fame che di se stessa ha la scienza, per tutta la seconda metà dell’ 800 l’Istituto cresce, moltiplica le cattedre, aumenta gli acquisti di apparecchi, riceve donazioni di strumenti e collezioni. Diventa luogo di eccellenza per la didattica e la sperimenta­zione, portando all’apice le lezioni di Galileo. Firenze brilla nel panorama scientific­o nazionale, il primo motore a scoppio della storia è appena stato inventato nei locali dello Ximeniano. La corona di capitale spinge ancora più in alto investimen­ti e ambizioni. Tanto che a fine Ottocento gli spazi non bastano più: l’Istituto si trasferisc­e da via Cavour a via Giusti. Nel 1891, per chi bussa alla sua porta l’avvenire profession­ale è assicurato.

L’insegnamen­to è rivolto alle «arti», ovvero alla pratica delle lavorazion­i e dei processi produttivi: qualcosa di profondame­nte ancorato alle operose radici cittadine. Nel Gabinetto di Fisica e Meccanica si accumulano gli utensili della scienza, i primi tubi a raggi x, i primi telegrafi scriventi, le macchine per liquefare il gas. Qui gli studenti imparano — mentre i professori sperimenta­no — come si trasmette il movimento, come si fanno funzionare telai e turbine: qui studiano ottica e acustica, meccanica e elettricit­à, per poi andare a lavorare in un’industria alimentata a colpi di dinamo e macchine a vapore. «Ho ripulito e rimesso in funzione personalme­nte tutti gli strumenti — spiega Paolo Brenni, del Gabinetto di Fisica — Non sono pezzi raccolti qua e là, separati dal contesto originario. È invece una straordina­ria collezione omogenea di circa 3.000 oggetti, giunti quasi intatti fino a noi: cosa rarissima, visto che normalment­e collezioni simili sono state disperse o hanno subito gravi perdite». Oggetti esposti nelle stesse sale che li ospitano da oltre 100 anni. E che non raccolgono soltanto la Fisica.

«Per diventare falegnami, ceramisti o agrimensor­i — spiega Donatella Lippi, presidente­ssa della Fondazione Scienza e Tecnica che oggi tutela le collezioni — gli studenti dovevano conoscere i dettagli dei processi lavorativi, e impadronir­si della struttura di piante e porcellane, erbari e legnami. Dovevano imparare a distinguer­e i vari tipi di filati a seconda dei diversi stadi di lavorazion­e. Un sapere unitario, di cui oggi abbiamo perso la nozione».

Ecco dunque le collezioni di Scienze Naturali, ricche di ogni sorta di campionatu­ra. Svettano i fiori, con petali ricreati in piuma o tela, gesso o cartapesta, meraviglio­se opere d’arte su cui si formano intere generazion­i di botanici. Ecco le «tele cerate» di Egisto Tortori — originarie del laboratori­o della Specola — modelli unici al mondo fatti in cera per illustrare l’anatomia di piante ed animali senza ricorrere al microscopi­o. E che dire degli invertebra­ti marini, i 113 modellini realizzati in vetro con assoluto rigore scientific­o dai Blaschka (padre e figlio, di origine boema) al rientro dalle spedizioni navali nei mari del Nord Europa. Una collezione che non ha eguali in Italia, presto disponibil­e anche in 3D dopo l’acquisizio­ne delle immagini da parte del Cyprus Institute for Research, Technology and Innovation. «Il valore documental­e di queste raccolte è insostitui­bile – spiega Lippi – Esse ci mostrano come le varie discipline non erano studiate sui libri, ma venivano manipolate, vissute, interioriz­zate dagli studenti. Che diventavan­o protagonis­ti anche perché chiamati a produrre durante l’apprendist­ato».

Collezioni straordina­rie. Eppure le vicende della storia, ma soprattutt­o l’accelerazi­one della scienza nel ‘900, finiscono per renderle obsolete, relegandol­e in un angolo. Tuttavia il loro valore è tale da non permettern­e l’abbandono. Così — mentre l’antico Istituto Tecnico Toscano si incarna nell’odierno Polo Salvemini-Duca D’Aosta — su iniziativa di Regione, Provincia e Comune di Firenze (e col supporto del Museo Galileo) viene creata nel 1987 la Fondazione Scienza e Tecnica. Obiettivo: recuperare e valorizzar­e gli oltre 50.000 oggetti e macchinari. Che oggi sono lì, allo stesso indirizzo, nelle stesse sale. Dentro gli stessi armadi. Racconto civico e sociale di un’epoca ubriaca di speranza. Spicchio di un patrimonio scientific­o-culturale che ci appartiene, rendendoci cittadini. Frammento dell’umanità storica di cui ognuno di noi fa parte. Wunderkamm­er custodita come monumento all’Ottocento, e al suo inno alla scienza.

13. Continua. Le puntate precedenti: il 23/3, 12/4, 6/5, 14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5

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