Corriere Fiorentino

Vent’anni fa il primo assalto E lui disse: mi devo armare

DANIELE, UNA VITA SOTTO TIRO

- di Cinzia Colosimo

PISA «Un uomo esasperato». Lo descrivono così i suoi clienti storici, i negozianti vicini, all’indomani della rapina finita in tragedia che ha lasciato un quartiere, e una città, sgomenti.

Daniele Ferretti ha subito tante rapine, durante la sua vita da ottico e gioiellier­e. La più grave nel luglio del ‘99: fu accoltella­to al viso, torace, collo e addome. «Ci vuole la certezza della pena», diceva ai cronisti allora, dopo essere uscito dall’ospedale in cui rimase per più di un mese. Qualche mese più tardi ricevette anche la visita dell’ex ministra dell’Interno Rosa Russo Jervolino, ma lui diceva: «Basta rimettere in libertà gente che è stata condannata», e aggiungeva che la sua vita sarebbe cambiata: più attenzione negli orari di chiusura, telecamere accese. Poi l’acquisto della pistola. Porto d’armi regolare, tutto registrato e rimasto nel cassetto, fino alla sera di martedì. Nel gennaio del 2016, quando i banditi entrarono nel suo negozio per l’ennesima volta, lui non c’era. Trovarono la commessa allora, con una pistola la minacciaro­no e portarono via due chili d’oro. Un elenco di violenze lungo e doloroso. dopo più di 40 anni di attività, per un commercian­te finito al centro di una vicenda nazionale e che ha ricevuto la solidariet­à pressoché totale della città, ieri stretta attorno a lui.

I negozianti del vicinato non hanno voglia di parlare, neanche i condomini lo fanno volentieri. «Ho sentito 3, 4 colpi», racconta una studentess­a di 25 anni che vive nel palazzo sopra il negozio, «ma non capivo di cosa si trattasse, stavo per uscire. Poi mi sono affacciata dal balcone, ho sentito delle voci, dopo poco ho capito cos’era successo». «Ho sentito gli spari dal quinto piano», aggiunge un’altra signora con la nipotina per mano, «ma non abbiamo visto persone, se non con l’arrivo della polizia». Un’altra vicina ha visto invece «una persona che si allontanav­a, un uomo giovane. Ero in cima alla strada, poco dopo il fatto», racconta, «forse era il palo». Quasi in fondo a via Battelli, all’incrocio con l’alberata via di Pratale, la gioielleri­a Ferretti è in una zona della città tranquilla, residenzia­le. Il mercoledì e il sabato si anima per il mercato, poco distante; non ci sono banche, locali notturni. La sera il silenzio arriva presto. I soli episodi che si ricordano sono quelli legati alle precedenti rapine, poi, dicono «alle auto della polizia siamo abituati: la caserma è qui dietro. Ma forse proprio per questo quello che è successo ci spaventa di più».

Tutti quindi nel quartiere parlano di quanto accaduto a Ferretti, dove lo conoscono come commercian­te disponibil­e e onesto. Quell’uomo di quasi 70 anni, una vita spesa per il suo negozio, si trova al centro di un’enorme domanda collettiva sulla morale del suo gesto: ha fatto bene? Al bar di fianco alla gioielleri­a, all’ufficio postale, all’edicola, la risposta è unanime, non si attende l’esito della giustizia. «Doveva reagire», dicono tutti, «conviveva con la paura». C’è chi lo ha conosciuto bene negli anni, come Chiara Spinelli, uno degli organizzat­ori dell’Internet Festival: «Definirlo gioiellier­e fa pensare a chissà che, a una raffinata boutique in centro, sfavillant­e di solitari da 20.000 euro, mentre quella di Ferretti è una piccola bottega ai margini del centro storico», ha raccontato in una lunga riflession­e su Facebook. «Ferretti è stato il primo a farmi gli occhiali, a 12 anni. Con grande dolcezza, in silenzio, continuava a rovistare in quei grandi cassetti piatti sotto al bancone e ne tirava fuori ancora e ancora. Trovavo sempre ad accoglierm­i un sorriso gentile e timido e la risposta “non mi devi nulla, siamo a posto così”». «Ricordo da bambina di aver sentito dire a mia madre “Preferisco andare da lui, è una brava persona e mi dicono che ha un figlio gravemente disabile, mi fa piacere dargli una mano”. Credo che i miei genitori abbiano continuato a frequentar­e quel negozio fino a poco tempo fa. Una bottega semplice, prezzi modici, come ce ne sono tante nei quartieri italiani».

Un’immagine distante da quella di un freddo giustizier­e: «Che un uomo così mite come lo ricordo, non un fanatico, abbia comprato una pistola la dice lunga sulla paura e l’esasperazi­one che ha vissuto», dice ancora Spinelli. «Oggi non riesco a non pensare alla tristezza profonda che deve provare sapendo di aver ucciso un uomo, nonostante la paura e probabilme­nte la rabbia. Le vittime? in questa vicenda ce ne sono un bel po’».

«Sono suo cliente da 36 anni», racconta anche il manager dei Navicelli Giovandome­nico Caridi, «Credo fosse esasperato, spero che la giustizia sia clemente con lui che ha agito come legittima difesa». «Il suo è stato un gesto di paura, non quello di un Rambo di borgata», aggiunge Alessandro, che con la moglie da sempre compra gli occhiali da lui. «Credo che sia il primo a soffrire per quello che ha fatto». Chi non parla per strada affida ai social il proprio pensiero: sempre meno sfumato, sempre più definitivo.

 Un cliente storico Ferretti è stato il primo a farmi gli occhiali, avevo 12 anni: mi ricordo la sua dolcezza, continuava a rovistare in quei grandi cassetti e ne tirava fuori ancora e ancora Ogni volta che tornavo mi accoglieva con il sorriso È un uomo mite, ha comprato una pistola perché era esasperato

 ??  ?? Il gioiellier­e Daniele Ferretti e la moglie sull’auto dei carabinier­i viene portato in caserma per essere ascoltato subito dopo il conflitto a fuoco che è costato la vita a uno dei banditi che volevano rapinarlo (foto Tirreno/Fabio Muzzi)
Il gioiellier­e Daniele Ferretti e la moglie sull’auto dei carabinier­i viene portato in caserma per essere ascoltato subito dopo il conflitto a fuoco che è costato la vita a uno dei banditi che volevano rapinarlo (foto Tirreno/Fabio Muzzi)

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