«Io, Pannella»
Oggi al Palazzo del Pegaso si parla dell’autobiografia del leader radicale Ecco alcune pagine del libro sui giorni della malattia e sulla prima sfida, già alla nascita
La forza del corpo nell’autobiografia, oggi presentazione
«... E ora registro me stesso. Una penna, un foglietto, anche un microfono. Non è che mi senta pronto per stendere le memorie di un rompicoglioni. Voglio soltanto sistemare la mia gioia e, quando c’è, anche il mio sconforto... ». Sono le parole di Marco Pannella racchiuse nel libro «Una libertà felice. La mia vita», l’autobiografia edita da Mondadori e curata da Matteo Angioli, che ha
Ho imparato che il dolore può rendere cattivi. In fondo è solo una misera battaglia, anche ridicola, una battaglia tutta tua che combatti col tuo corpo. Senti male, eppure stai solo sfidando te stesso. Il guaio è che il dolore ti toglie l’energia, ti rende povero, ti impedisce di essere con gli altri e per gli altri. È un nemico che ti accoltella alle spalle, che ti colpisce un nervo, e tu avverti una fitta straziante. Ecco, quella fitta ti toglie la ragione e ti accende la ferocia. Non puoi farci niente, di solito va così. Più tardi, quando il dolore ti concede una tregua, quando la battaglia è almeno sospesa, ti riguardi e ti accorgi che a volte sai essere stronzo, molto più di quanto sul tuo conto sei mai riuscito a immaginare. Curiosamente, è proprio questo l’aggettivo che ho annotato: “stronzo”.
Ho il corpo che mi tradisce. Non l’aveva mai fatto, almeno non così. Al corpo devo tanto, devo la capacità di rappresentarmi e di tenermi in piedi anche quando l’ho spinto all’estremo, assistito fino alla fine il leader radicale insieme alla sua Laura. Un libro in cui Pannella, scomparso un anno fa, guarda al suo passato e lo racconta negli ultimi mesi della sua vita. Se ne parlerà oggi (ore 18) al Palazzo del Pegaso in via Cavour. Insieme al curatore intervengono il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, il direttore del «Corriere Fiorentino» Paolo Ermini, il presidente del progetto «Testa e molti sanno bene con quanta ostinazione per anni l’abbia messo alla prova. Questo corpaccione che sapeva inghiottire quantità di cibo spaventose, e che poi era capace di fermarsi improvvisamente e di accettare un digiuno lungo e provante. Il mio ha saputo essere un corpo da omone e un corpo da denutrito, ma sempre il corpo di un matto che ha rischiato di distruggersi per reclamare la democrazia, a volte magari solo per ottenere l’osservanza e il rispetto di una leggina che il regime fingeva di dimenticare. Ho lottato contro la prepotenza degli impotenti, giocando il possibile contro il probabile. Lo capisco, se oggi mi tradisce, sta solo presentando il conto. E io sono largamente in debito con lui.
È il 26 gennaio, Matteo è tornato ieri da Pistoia, oggi rientra Laura. Erano in Toscana per prenotare la villa nella quale si sposeranno. La sera, Matteo, Mirella e io siamo a cena da quella meravigliosa donna che è Liliana, a un tavolo della Sora Lucia, ristorante in via della Panetteria, proprio davanti a casa nostra. Laura ci raggiunge lì. Mi occupo io delle ordinazioni, per la verità è un compito che quasi sempre tengo per me, diciamo pure che me l’assegno da solo. Soprattutto, stasera vorrei che ci servissero con una certa fretta. Non mi va che con le portate ci facciano aspettare troppo. Ho più premura di altre volte, perché Laura dev’essere stanca. Avrà voglia di mangiare e poi di rifugiarsi a casa per riposare. Mi accorgo che ho dentro qualcosa che si agita, più del solito. È un’inquietudine che mi fa un po’ esagerare. Fatico tremendamente a controllarla, tento allora di scaricarla alzandomi dalla tavola, ho bisogno di camminare, basterà fare due passi lì intorno. Ho i sigari in tasca, li tiro fuori. Scusate, ma è impossibile non fumare. Non so dire quanti. Nessun fumatore credo che io sappia, non prima di trovarsi faccia a faccia col pacchetto vuoto. Forse uno, forse due, forse più dì tre. Laura mi raggiunge. Ha un sorriso enorme sul viso: «Amore!» mi dice abbracciandomi con la sua “r” allegra. «Sai che a Pistoia è andata benissimo? Vieni, ora Matteo e io di Alkol» Matteo Lucherini Bargellini, il presidente dell’associazione radicale «Andrea Tamburi» Massimo Lensi, la presidente dell’istituto «Luca Coscioni» Maria Antonietta Farina Coscioni. L’attore Paolo Hendel leggerà alcuni scritti. Per l’occasione pubblichiamo un estratto dal capitolo «Il tradimento del corpo». Nel libro si alternano contemporaneità e ricostruzioni del passato (in corsivo). Sopra Marco Pannella nella sua mansarda con Matteo Angioli, Laura e Vasco Rossi (dal profilo Facebook di Matteo Angioli) Accanto durante una manifestazione agli inizi degli anni ‘70 per la legalizzazione del divorzio (foto tratta dal libro «Una libertà felice») ti raccontiamo tutto. Ti facciamo anche vedere le foto del posto!». Vorrei tanto ricambiare il suo entusiasmo col mio, lo dico davvero. Ma io entusiasmo ne ho? Il mio dov’è? In quell’istante qualcuno o qualcosa mi fa sollevare il braccio come per ottenere del silenzio. «Va bene così» le rispondo. Quel qualcuno sono io stesso, eppure in quel gesto non mi riconosco. È la sola frase che viene fuori dalla mia bocca, una frase che nasce dal bisogno di zittirla al più presto, di farla tacere. E qui comincio a sentirmi stronzo, eppure non so smettere. «Grazie» aggiungo. Lo so, me ne accorgo da solo che è un grazie dal tono artificioso, quasi affannato. Nemmeno in questa Marco Pannella, parola c’è la dolcezza che Laura merita, e che vorrei tanto regalarle. Poi riesco finalmente ad aprire un piccolo sorriso. Se ne sono accorti tutti, un comportamento così non passa inosservato. Non potrebbe. Da settimane mi guardano con pazienza moltiplicata per mille. Ora immagino che siano tutti anche un po’ preoccupati. Niente paura, è soltanto la mia nuova sfida.
Al dolore si sta aggiungendo la fatica. Ho la sensazione che nemmeno gli scioperi della fame più lunghi e difficili mi abbiano mai ridotto così. Può darsi che in quei casi corpo e cervello sapessero. È Marco che lo vuole, è lui, anzi siamo noi che abbiamo fatto la scelta di questo digiuno, noi che apparteniamo a lui, noi che siamo lui, dunque per favore comportiamoci con dignità. Ora noi non c’entriamo, questo dolore non è il frutto consapevole di una scelta nostra. Il male è dentro di noi, ma il controllo è fuori.