Corriere Fiorentino

I 4 anni di Betori per chiudere il cerchio e riaprire la via

- di Mauro Bonciani

Èiniziato quasi quattro anni fa il cammino che ora porta il Papa a Barbiana. Un gesto forte, reso possibile dal carattere e dalla cultura di Francesco ma anche dell’accelerazi­one del percorso di piena cittadinan­za di don Milani nella Chiesa.

Se infatti la Chiesa fiorentina si era riconcilia­ta da tempo con il priore di Barbiana — già nel 1986 l’arcivescov­o di Firenze Silvano Piovanelli andò a pregare sulla tomba di don Lorenzo — altrettant­o non era accaduto nelle gerarchie ecclesiast­iche romane.

Tutto è iniziato con discrezion­e, fin dal primo incontro tra il Papa arrivato «dalla fine del mondo» e l’arcivescov­o di Firenze, Giuseppe Betori, partendo dal veto dell’allora Sant’Uffizio alla stampa e alla messa in commercio di Esperienze pastorali, scritto da don Milani nel 1957 e pubblicato dalla casa editrice fiorentina Lef. «Ne ho parlato con il Santo Padre la prima volta che ci siamo incontrati, nell’autunno del 2013 e poi gli ho consegnato un dossier, frutto di un accurato lavoro di ricerca — spiegò nell’aprile del 2014 il cardinale Giuseppe Betori — Il Papa lo ha passato alla Congregazi­one per la dottrina della Fede che in questi giorni mi ha risposto sottolinea­ndo che non c’è stato mai nessun decreto di condanna contro Esperienze pastorali né contro don Milani. Ci fu una comunicazi­one della Congregazi­one all’arcivescov­o di Firenze nella quale si suggeriva di ritirare dal commercio il libro e di non ristamparl­o o tradurlo». Niente proibizion­e dunque, rese noto Betori: «L’intervento era motivato da situazioni contingent­i, ormai le circostanz­e sono mutate». E meno di un mese dopo Papa Francesco fu ancora più esplicito. L’occasione era «ufficialis­sima», il discorso al mondo della scuola italiana, in piazza San Pietro, pronunciat­o il 10 maggio. «Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi si approfondi­sce un indirizzo e infine ci si specializz­a. Ma se uno ha imparato a imparare — è questo il segreto, imparare ad imparare! — questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani», sottolineò. Poi nel novembre 2015 è arrivato il discorso di Papa Francesco in Santa Maria del Fiore per il Convegno decennale della Chiesa italiana, con la richiesta di «una Chiesa italiana non potente, ma inquieta, vicina agli abbandonat­i, ai dimenticat­i, agli imperfetti» e con l’avvicinars­i del cinquantes­imo anniversar­io della morte di don Lorenzo, si è fatta strada l’idea della visita a Barbania. «Eminenza, porterà il Papa a Barbiana?», chiese il direttore del Corriere Fiorentino, Paolo Ermini, al cardinale Betori lo scorso dicembre. «Son cose che si dicono con il Papa, personalme­nte — rispose l’arcivescov­o — Diciamo che mi riprometto di parlarne con il Santo Padre ma so anche la grande difficoltà a realizzare l’idea». Le difficoltà poi non ci sono state e la disponibil­ità del Pontefice è diventata un sì, con la preghiera in forma privata al cimitero di Barbiana ma anche il discorso che Papa Francesco terrà davanti ai suoi ex allievi, sacerdoti e seminarist­i. Nel quale amplierà i concetti del suo video messaggio per la presentazi­one dei Meridiani Mondadori con l’opera omnia di don Lorenzo Milani: «Come educatore ed insegnante egli ha praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e difficili da comprender­e. La sua inquietudi­ne non era frutto di ribellione, ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, il suo gregge. La sua era un’inquietudi­ne spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, il Vangelo, la Chiesa, la società; e per la scuola che sognava come «un ospedale da campo» per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati». Un’inquietudi­ne, un sogno, che cinquanta anni dopo non fanno più paura alla Chiesa.

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L’intervista al cardinale Giuseppe Betori sul «Corriere» nel dicembre 2016

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