Corriere Fiorentino

«Che sfuriate Visconti, ma io ero un cucciolo»

Ottavia Piccolo e la stagione d’oro del grande regista al Maggio. Oggi allo Spazio A

- Chiara Dino

Più che altro, per lei, si tratta di sfogliare l’album dei ricordi. E questi ricordi la portano lontano: maggio/giugno 1967. Ottavia Piccolo aveva 18 anni: «Non ero ancora maggiorenn­e — ricorda lei — allora bisognava arrivare ai 21. E io fui chiamata da Luchino Visconti, con cui avevo già lavorato ne Il Gattopardo e ne Il giardino dei ciliegi per fare Chiarina nell’Egmont di Goethe. Fu la mia terza e ultima volta con Visconti».

Lo ha sfogliato con noi e lo sfoglierà ancora oggi pomeriggio a Firenze questo album dei ricordi, allo Spazio A di Lungarno Cellini, dove interverrà, all’interno del ciclo di incontri dedicati al Maggio Musicale Fiorentino e condotti da Riccardo Bruscagli, ripercorre­ndo gli anni gloriosi che videro il grande regista firmare due kolossal qui a Firenze: nel 1949 un Troilo e Cressida che è passato alla storia (costò una cifra pari a circa 3 milioni di euro di oggi) e nel ‘67 quell’Egmont a cui la stessa Ottavia Piccolo prese parte accanto a Giorgio De Lullo (lui faceva Egmont, lei era la giovanissi­ma donna amata dal protagonis­ta: un eroe doppio chiamato a gestire prima e combattere poi la prepotenza spagnola in nome e per conto della sua gente Ottavia Piccolo oggi (ore 18) è ospite allo Spazio A di Lungarno Cellini d’Olanda).

«Tra prove e spettacolo mi fermai a Firenze un mese intero e siccome ero così giovane con me era venuta anche mia madre. Affittammo una casa in centro. Di giorno provavamo al Comunale e al Goldoni (l’opera poi sarebbe andata in scena nel cortile di Palazzo Pitti ndr.) e la sera tornavo a casa, e con molti della compagnia, dove mamma aveva preparato la cena per tutti». Erano anni in cui Visconti era già un mostro sacro «ragion per cui — racconta ancora l’attrice — lui non si univa con noi a quelle cene. Ci incuteva un timore e un rispetto grandissim­o, le sue sfuriate erano memorabili, anche se con me era molto affettuoso e pur nel rigore, mi trattava come una specie di cucciolo. Però era forse questa sua aurea che gli permetteva di fare spettacoli tanto complessi, pensi che in scena eravamo in trenta. Francament­e non credo si sia mai preoccupat­o del costo di quanto andava facendo. Era Visconti e questo bastava. Qualcosa del genere ultimament­e è successo solo al Piccolo con Lehman Trilogy di Luca Ronconi, ma ciò non toglie che possa succedere ancora». Il suo è più di un auspicio. È come se dicesse con grandi talenti si possono fare Una giovanissi­ma Ottavia Piccolo nell’«Egmont» di Goethe andato in scena nel 1967 grandi cose. «Certo c’è sempre la pressione economica. Per fare spettacoli così importanti occorrono i soldi. Ma io che vivo a Venezia e che frequento la Fenice, devo dire che in questi ultimi anni ho trovato un teatro molto vivace e soprattutt­o sempre aperto. Il mio augurio e che anche il Maggio, con il nuovo corso, si riappropri della sua tradizione»

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