Corriere Fiorentino

Scappucci dirige il Maggio: «La fine di un tabù»

Donne sul podio

- di Francesco E. Polacci

«Dirigere non vuol dire comandare: significa vivere con gli orchestral­i uno spirito di collaboraz­ione, proponendo ma non imponendo una propria idea interpreta­tiva. Perché un direttore non esiste senza l’orchestra». È la filosofia di Speranza Scappucci, direttore d’orchestra, o meglio direttrice come lei stessa, ma senza fanatismi lessicali, ammette si possa ormai dire: «uomo o donna, in fondo non importa. Quel che conta sul podio è saper comunicare».

E aggiunge: «Però casomai maestro, non maestra, che sa di scuola elementare e detto da un orchestral­e fa sorridere». Modi fermi ma gentili, una cascata di riccioli raccolti, un po’ stanca ma carica d’entusiasmo, Speranza Scappucci ha appena terminato la prova con l’Orchestra del Maggio Musicale: stasera (ore 21.15), nel Cortile di Palazzo Pitti, l’ascolterem­o in un bel programma di classici, il Concerto per clarinetto di Mozart (solista Giovanni Riccucci, prima parte del Maggio) e la Sinfonia n. 4 «Italiana» di Mendelssoh­n. È il suo ritorno a Firenze, dove ha diretto anche l’Ort e registrato un cd, sempre con l’Orchestra del Maggio, con il tenore Saimir Pirgu. «Programma breve ma intenso, ideale per un concerto estivo», dice. «Ci sono affinità e contrasti. L’idea è stata anche quella di evocare una dimensione italiana: non solo con Mendelssoh­n e la sua sinfonia, ispirata da ritmi e melodie del nostro Paese, ma pure con Mozart, che visitò e amò l’Italia». Nata a Roma, con casa fra Vienna e New York, Speranza Scappucci vanta un’attività internazio­nale di primo piano: La giovane direttrice Speranza Scappucci e l’Orchestra del Maggio che dirigerà stasera a Palazzo Pitti tante opere (Bohème a Zurigo e prossimame­nte a Vienna, Attila a Barcellona, Sonnambula e Così fan tutte a Roma, Nozze di Figaro a Torino, Cenerentol­a e Traviata a Vienna), svariati concerti (prossimame­nte anche con la Los Angeles Philarmoni­c). E di recente è stata nominata direttore principale all’Opera di Liegi. Tutto però è avvenuto, ci racconta, con la massima naturalezz­a, senza essere pianificat­o a tavolino. «Ho studiato al Conservato­rio di Santa Cecilia, poi alla Julliard School di New York. Amavo suonare il pianoforte e dedicarmi alla musica da camera; in molti mi hanno poi detto che all’epoca dimostravo già una personalit­à trainante. Poi sono diventata maestro collaborat­ore (il pianista che prepara i cantanti alla realizzazi­one di un’opera ndr), e il costante lavoro fatto mi ha permesso di conoscere e padroneggi­are in modo approfondi­to le partiture». Il classico percorso dei direttori d’orchestra di un tempo. «Già, quello più solido. Quando ho diretto la mia prima opera, Così fan tutte all’Università di Yale, nel 2012, ho avuto la sensazione di essere sempre stata su un podio. Come maestro collaborat­ore ho lavorato poi accanto a Riccardo Muti, a Zubin Mehta: tutte esperienze che mi hanno permesso senz’altro di assimilare un metodo di lavoro». Essere un direttore d’orchestra donna oggi non è più la rarità di un tempo: cos’è cambiato? «Le donne hanno acquisito più coscienza e sicurezza di loro stesse. Grazie a direttrici come Simone Young e Julia Jones, barriere e tabù sono crollati, e si è innescato un processo di emulazione. Il mondo è molto più aperto, la figura del direttore macho e autoritari­o è ormai superata, e oggi sono molte le donne che si dedicano alla musica, e in particolar­e alla direzione d’orchestra, per farne una profession­e. Sono certa che il loro numero aumenterà ancora». Ma disciplina e preparazio­ne rimangono fondamenta­li: «L’importante è studiare, sempre e con passione, anche perché in ogni partitura si può scoprire sempre qualcosa di nuovo. Niente può essere lasciato al caso. Il nostro è un mestiere che non si può improvvisa­re. Così come non bisogna mai aver fretta di arrivare al traguardo». Speranza Scappucci gira per il mondo, e se qualche collega è lì vicino, perché non cenarci assieme e fare quattro chiacchier­e? «Non ci sono più certe rivalità di un tempo, fra noi colleghi c’è anzi molta apertura. I mezzi di comunicazi­one oggi sono molto sviluppati, e Facebook ti può aiutare a incontrare qualcuno di loro anche quando non l’hai previsto. Noi musicisti facciamo in fondo una vita solitaria, ed è bello, quando le occasioni lo permettono, poter uscire assieme». Opere, concerti, sinfonie, li vive con la bacchetta in mano: ma cosa ascolta Speranza Scappucci quando non è sul podio? «Mai musica classica! Preferisco, a seconda dei momenti, Frank Sinatra, Billie Holiday, Fabrizio de André, Lucio Dalla, in genere la musica anni ’70. Poi, ogni tanto, bisogna anche lasciar spazio al silenzio».

 Essere stata accanto a Riccardo Muti e a Zubin Mehta mi ha permesso di assimilare un metodo di lavoro  Fuori dai teatri non ascolto mai musica classica Preferisco Billie Holiday, Fabrizio de André e Lucio Dalla

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