Corriere Fiorentino

«Il mio gregge nel deserto È tutto secco, la terra si spacca»

- Viola Centi

QUERCEGROS­SA (SIENA) I pascoli sono secchi, la terra è «crepata», come fosse deserto. E così gli animali restano nelle stalle, non escono fuori durante il giorno. «I campi sono come bruciati, aridi, gialli, non possiamo fare il secondo taglio del fieno, e scarseggia il foraggio, il grano», dice Sara Moscadelli, allevatric­e senese. La sua è la storia dei tanti allevatori toscani che cercano di far fronte all’emergenza idrica. In questo periodo dell’anno i campi dovrebbero essere verdi o pieni di rotoballe di fieno, la scorta per l’inverno. Ma le temperatur­e altissime e la totale assenza di pioggia hanno cambiato anche il panorama.

«Il montone non si accoppia, questa siccità avrà effetti devastanti anche a lungo termine, non avremo gli agnelli, non sappiamo come andremo avanti». Sara Moscadelli, 44 anni, è un’allevatric­e di Quercegros­sa, nel senese. Cerca di far fronte all’emergenza, come tanti altri suoi colleghi messi in ginocchio da «un caldo mai affrontato in vita mia».

Il suo allevament­o di pecore sarde si trova in uno dei luoghi più suggestivi della Toscana, tra Monteriggi­oni e la Maremma,dove in questo periodo dell’anno, i campi dovrebbero essere verdi o pieni di rotoballe di fieno, la scorta per l’inverno. Ma le temperatur­e altissime e la totale assenza di pioggia hanno cambiato anche il panorama. I pascoli sono secchi, la terra è «crepata» come fosse deserto. «I campi sono come bruciati, non possiamo fare il secondo taglio del fiecostret­ti no, e scarseggia il foraggio, il grano, dovremo andare a comprarlo e i prezzi saliranno alle stelle. Ci stiamo “mangiando” il fieno che dovrebbe servire in inverno». Ci sono pochi modi per abbeverare il gregge, piccoli accorgimen­ti, ma non sufficient­i: «Siamo Il gregge di Sara Moscadelli a Quercegros­sa In alto il foraggio completame­nte secco e sopra le pecore che bevono grazie all’autobotte a bagnare i cereali, li teniamo a bagno tutto il giorno e glieli diamo la sera, così si rinfrescan­o».

Gli animali soffrono, ed è il periodo fertile, in cui dovrebbero andare in calore. Sara invece spiega che «il montone, si dice in questi casi, “è stanco”: dovrebbe accoppiars­i 2030 volte al giorno in questo periodo, invece lo fa una volta ogni 2-3 giorni. Di questo passo, figlierann­o dopo il 10 novembre, sarà tardi e saranno pochissimi agnelli». Per un caseificio come quello di Sara, il problema della scarsità idrica e dell’aridità dei terreni influisce anche sul latte. «Nel periodo del calore della pecora è normale che la produzione cali, ma non in questo modo. Con poca acqua e senza erba fresca, non arriviamo alla solita quantità».

Il gregge de La Magione ha orari prestabili­ti, è abitudinar­io: fuori tutta la notte, dalle 19 in poi, fino alle 4,30, il momento della prima mungitura. Poi fuori ancora, perché la razza sarda vive allo stato brado, «ma ora alle 10,30 le facciamo rientrare. Loro sanno dov’è il fresco, c’è qualche borro e ruscello, ma ormai si stanno seccando anche quelli. Le facciamo uscire solo dopo le 19, ma soffrono a stare sempre in stalla, non è normale per loro».

La crisi idrica colpisce ovunque: a Le Sieci, nel comue di Pontassiev­e. Valerio Eternati ha un gregge di 40 bovini di razza calvana. Lui e un suo amico vivaista si sono organizzat­i: «Qualche anno fa abbiamo comprato un carro botte, e per adesso tiro avanti con quello, ma la situazione è drastica e usiamo le rotoballe dell’inverno». La memoria di Valerio va più lontano: «Un caldo così? Forse nel ‘57».

 I montoni non si accoppiano, di questo passo le pecore figlierann­o dopo la metà di novembre Gli agnelli saranno pochissimi

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