L’estate del nuovo Monte
Giovedì il Cda di Banca Mps approva il piano industriale da inviare all’Ue per l’ultimo ok: comincia l’estate della ripartenza per l’istituto senese, più leggero ma più solido Dopo il ritorno a Piazza Affari, la trattativa sui tagli: 6 mila dipendenti e 4
Lo Stato alla guida dell’istituto, la vendita dei crediti deteriorati, il ritorno in Borsa, la partita del ridimensionamento di dipendenti (6 mila) e sportelli (400) Dopo una lunghissima trattativa tra governo e istituzioni europee, Banca Mps è pronta a voltare pagina. Il primo atto giovedì con il via libera del Cda al piano
Mercoledì scade l’esclusiva concessa ad Atlante per la negoziazione sulla cessione del portafoglio di 26 miliardi di sofferenze da cedere, giovedì il consiglio di amministrazione di Rocca Salimbeni approverà il piano industriale da inviare alla Commissione Ue per il via libera definitivo. E a luglio lo Stato entrerà con il 70% nel capitale di Banca Monte dei Paschi, il cui titolo potrebbe poi tornare in Borsa nel giro di poche settimane. L’estate 2017 sarà insomma ricordata per la nascita del «nuovo Monte», più sano e più piccolo, con il 20% in meno di addetti e di sportelli, in attesa di trovare uno o più soci che prendano il posto dello Stato. Un’estate che si annuncia complessa, anche se dopo mesi di trattative tra banca, governo, Ue e Bce, il quadro ormai è chiaro ed il percorso tracciato.
Tutto è iniziato sei mesi fa, quando il governo ha varato il fondo «salva banche» e il titolo Mps è stato congelato dopo il fallimento dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro chiesto sul mercato. L’idea era ricorrere ad un aumento di capitale precauzionale di 8,8 miliardi di cui circa 6 da parte dello Stato, come permesso dalle normative europee, per consentire di affrontare la cessione dei crediti deteriorati della banca e il varo di un nuovo piano industriale per il risanamento, al termine del quale — o anche prima se possibile — lo Stato sarebbe uscito dall’azionariato e il Monte avrebbe avuto nuovi soci. Da allora molto è cambiato, e non solo per l’esplodere del caso delle banche venete e del rischio della loro risoluzione con un prezzo per il sistema bancario di oltre 10 miliardi, o per la cessione ad un euro di Etruria e di altri due istituti a Ubi Banca. Il piano industriale del Monte dei Paschi è diventato da triennale quinquennale, l’Europa ha imposto un’azione robusta sul contenimento dei costi, con una richiesta iniziale di circa 10.000 tagli sui 25.000 dipendenti attuali, la cessione dei crediti deteriorati si è rivelata più difficile del previsto, mentre la prima trimestrale 2017 della Banca si è chiusa con una perdita di 169 milioni, nonostante una risalita del 4,6% rispetto al mese di dicembre 2016 dovuta a conti correnti e depositi, e soprattutto una diminuizione di 10 miliardi nella raccolta diretta rispetto al marzo 2016, dato che fotografa tutte le difficoltà anche reputazionali della banca senese. È cambiato anche l’atteggiamento dell’esecutivo, deciso a strappare all’Europa condizioni meno rigide, mentre il management della banca si è impegnato in un duro braccio di ferro per ridurre i tagli di personale e sportelli, garantendo così una banca efficace e presente anche in futuro.
Dopo settimane di incertezze e trattative adesso, secondo gli addetti ai lavori, ci siamo, anche se i dettagli potranno fare la differenza. Dalla trattativa in esclusiva sui 26 miliardi di crediti deteriorati si sono sfilati i fondi Elliott e Fortress, che avrebbero voluto un ulteriore sconto sul prezzo; resta in campo Atlante, che può investire 1,6 miliardi di euro, e tutto lascia pensare che la conclusione sarà positiva, chiudendo così un’operazione lanciata nel luglio 2016 e anch’essa protrattasi più del previsto. Anche sul nuovo piano industriale i giochi sembrano fatti. Si parla di un taglio del 20% degli addetti e degli sportelli, cioè di almeno 6.000 dipendenti in meno tra Italia ed estero e di oltre 400 filiali sulle attuali 2.100, la riduzione dell’organico sarebbe quindi molto meno consistente di quella chiesta inizialmente e sostenibile senza licenziamenti ma usando le uscite anticipate e volontarie. I sindacati restano però in allarme: dalla banca tra il 2012 ed il 2016 sono usciti già 7.000 dipendenti, il 22% del personale, la percentuale più alta tra i primi cinque gruppi bancari italiani, e il precedente accordo azienda-sindacati prevedeva la riduzione di altri 2.900 dipendenti tra il 2016 e il 2019 con uscite volontarie. La ricapitalizzazione di Mps dovrebbe essere da 8,3 miliardi di euro con un intervento dello Stato per circa 6 miliardi di euro ed il resto dalla conversione delle obbligazioni subordinate in azioni. Infine, come previsto nel caso di vigilanza europea, lo stipendio dei top manager non potrà essere superiore di dieci volte a quello medio dei dipendenti, con l’Ad Marco Morelli che se resterà non potrà guadagnare più di 420.000 euro lordi contro gli 1,4 milioni del 2016.
Gli appuntamenti della settimana sono solo i primi di una lunga serie di scadenze. Dopo il via libera alla bozza definitiva del piano di ristrutturazione, il piano sarà inviato alla Commissione Ue, il suo ok non dovrebbe tardare visto che il piano è frutto della condivisione non solo con Rocca Salimbeni ma anche con il governo. Dopo il sì dell’Europa, il governo varerà un decreto in base al quale lo Stato diventerà azionista di riferimento della banca — «È molto probabile che questo processo si compia a luglio», ha confermato il presidente Alessandro Falciai — con la quota pubblica che salirà dall’attuale 4% ad oltre il 70%. Servirà anche un nuovo Cda che rifletta i nuovi equilibri nella proprietà, e se non ci saranno sorprese i titoli del Monte potrebbero tornare a essere scambiati in Borsa a fine luglio (il 23 dicembre hanno segnato l’ultimo prezzo a quota 15,08 euro), chiudendo così un altro capitolo della lunga vicenda iniziata con l’acquisizione di Antonveneta nel 2008. Ci sarà poi da gestire la partita della riduzione del personale, della minore presenza di sportelli, con l’Europa che vigilerà sulla concretizzazione degli impegni presi, mentre lo Stato resterà nel capitale finché necessario. «La banca richiederà un aggiustamento dal lato dei costi ma potrà contare su una base di capitale molto forte perché Mps sarà una banca ripulita dalle sofferenze — ha spiegato il ministro del Tesoro Carlo Padoan, subito dopo l’intesa politica con Bruxelles annunciata ad inizio mese — Lo Stato resterà nel capitale per la durata del piano di ristrutturazione ma l’obiettivo è che ci resti il meno possibile, quindi anche meno di 5 anni».
Padoan Resteremo nel capitale per tutto il piano di ristrutturazione Ma l’obiettivo è uscire prima possibile