Corriere Fiorentino

I chiari e gli scuri di Manfredi, folgorato da Caravaggio

- C.D.

I suoi chiari e i suoi scuri, le sue luci radenti e i suoi temi di derivazion­e nordica sono un marchio di fabbrica. Bartolomeo Manfredi (1582-1622) ne fece quasi una missione. E la sua missione, ce lo spiega bene Maria Matilde Simari che per le Gallerie degli Uffizi è responsabi­le della pittura del Seicento, fu in qualche modo quella di diffondere nel mondo la grande pittura del Caravaggio. Se consapevol­mente o no non è dato saperlo, anche perché le notizie su di lui sono poche e sono scarne. «Del maestro, a lui quasi coevo in verità, riprese moltissimo — spiega Simari — gran parte dei suoi quadri hanno un’ambientazi­one nordica, sono scene di interni con soggetti di genere, suonatori, giocatori, soldati, frequentat­ori di osterie. L’uso della luce, in genere se ne individua una fonte in un contesto cupo, e la drammatici­tà delle movenze, sono riferibili sicurament­e alla grande scuola del Caravaggio». Questa sua costante citazione del maestro — milanese per nascita ma infaticabi­le giramondo per via del suo temperamen­to focoso — lo ha reso oggetto anche di un tributo speciale. Chi parla della sua arte e del suo modo di dipingere fa riferiment­o a un suo preciso metodo. «Nei libri di storia dell’arte — prosegue Maria Matilde Simari — si parla di “Manfredian­a methodus” quando si vuole intendere tutto quanto ci siamo detti finora». C’è di più, il suo studio puntuale dei modelli del Caravaggio, uno degli artisti più copiati e riprodotti del suo tempo come attesta la grande quantità di «suoi» doppi (dal San Francesco in meditazion­e al Sacrificio di Isacco) lo fecero additare come uno tra i più proficui falsificat­ori del maestro. Sicurament­e questa sua costante attenzione al modello fece di lui una sorta di trait-d’union tra il Merisi i i suoi seguaci, soprattutt­o quelli che avrebbero sviluppato la sua arte e il suo metodo nel nord Europa, dai caravagges­chi francesi (Vignon, Vouet, De Boulogne, Regnier, Tournier) ai fiamminghi Dirck van Baburen, Gerrit van Honthorst e Gerard Seghers.

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Maria Matilde Simari

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