Allo Iot un reparto per l’aborto dolce
Percorsi separati per chi è in gravidanza e chi sceglie l’interruzione con la Ru486. «Rivoluzione»
Il suo nome scientifico è RU486. Ma è nota a tutti come pillola abortiva. Per le donne fiorentine che facevano la scelta dell’aborto medico e non chirurgico, la trafila era lunga, tortuosa. Sembrava quasi ad ostacoli. Da un mese e mezzo, al secondo piano dell’ex Iot di viale Michelangelo, molte cose sono cambiate. E nel reparto diretto dalla dottoressa Valeria Dubini due mattine alla settimana sono dedicate alle donne che vogliono interrompere la gravidanza senza ricorrere alla sala operatoria.
«Non è una rivoluzione, ma ci siamo vicini», dice Dubini, che è responsabile della ginecologia territoriale dell’Asl Toscana Centro. Con la riorganizzazione del reparto i cambiamenti sono molti: prima, le donne dovevano rivolgersi all’Iot per l’accettazione per poi ricorrere alla pillola in regime ospedaliero a Torregalli o a Ponte a Niccheri. Ora si fa tutto in viale Michelangelo e in regime ambulatoriale. Senza che la donna che sta per abortire sia costretta a stare in sala d’attesa accanto ad altre col pancione o, peggio, in mezzo ai bambini. Come funziona il reparto? Il martedì, le donne che scelgono l’aborto medico si presentano al secondo piano, viene compilato un questionario, viene fatta l’ecografia per verificare che la gravidanza non sia oltre le sette settimane; poi la donna viene fatta accomodare in una delle poltrone dell’ambulatorio per la somministrazione della pillola. Tutto in poche ore. Il giovedì, la donna torna in ambulatorio e prende una seconda pillola, quella che consente di espellere il feto. Dovrà tornare solo dopo 15 giorni per un controllo ecografico.
Fino ad aprile, il sistema funzionava in modo molto diverso. Oltre a doversi rivolgere ad un altro ospedale per la somministrazione, chi voleva abortire si trovava a più riprese a contatto con donne agli ultimi mesi di gestazione e anche con mamme con neonati: «Abortire non è una scelta semplice. È sempre molto sofferta. Per questo con la nuova organizzazione abbiamo deciso di evitare contatti tra situazioni tanto diverse. Il mio obiettivo è quello di creare in futuro un reparto completamente dedicato all’aborto medico». Dubini, in prospettiva, vuole riproporre il modello Iot a tutta l’Asl Toscana Centro. Ma nel brevissimo periodo conta su cambiare il calenda- rio del suo reparto: «Passare dal martedì-giovedì al lunedìmercoledì-venerdì, ci permetterà di raddoppiare i posti».
Se nel 2016 nell’area fiorentina ci sono stati circa mille aborti, solo 120 donne hanno scelto la via medica. «Le donne che decidono di ricorrere alla pillola sono di solito più colte, più giovani, più informate, più consapevoli di quelle che intraprendono la via chirurgica. È un percorso meno traumatico e molto sicuro». Ma la pillola, spiega ancora Dubini, non è un modo per banalizzare l’aborto. Al contrario: «Con l’aborto tradizionale, la donna viene addormentata con l’anestesia. In quel modo non si elabora il lutto. L’aborto medico invece ti costringe a riflettere su quanto hai fatto». Nel reparto del secondo piano dell’ex Iot non ci sono obiettori di coscienza. In questo modo tutti i medici si occupano di tutto, si dividono il lavoro e ciascuno occupa gran parte del suo tempo a far nascere bambini, non a fare aborti: «Fare interruzioni di gravidanza non piace a nessuno». Così sulla porta dell’ufficio della dottoressa c’è un quadretto con una scritta che non lascia spazio a dubbi: «Ogni volta che nasce un bebè, il mondo s’illumina di speranza».