Corriere Fiorentino

CRAZIA SENZA DEMO

- di Paolo Armaroli

Antonio Martino è uno dei più brillanti deputati di Forza Italia. Ama le battute a effetto. Una delle più famose è la seguente: «I governanti sono come i pannolini dei bambini. Vanno cambiati spesso, sennò puzzano». Alla luce dei risultati delle amministra­tive, non vale più il detto di Giulio Andreotti secondo il quale il potere logora chi non ce l’ha. Il centrosini­stra espugna cittadelle tradiziona­lmente di centrodest­ra come Lecce. Mentre perde città come Genova, Spezia e Pistoia dove governava da sempre. Certo, la sconfitta riportata un po’ dappertutt­o brucia. Matteo Renzi tende a minimizzar­e la batosta. Ma su una cosa ha ragione: è la coalizione formato Ulivo ad averle buscate di santa ragione. Difatti i maggiori crolli si sono registrati proprio quando non il centrosini­stra ma la sinistra-centro si è presentata compatta ai nastri di partenza.

Del resto l’arcano ha la sua brava spiegazion­e. Dall’Assemblea costituent­e a oggi la sinistra è risultata sempre minoritari­a nel Paese. E ha prevalso solo grazie a un paio di marchingeg­ni. Ha vinto per ben due volte quando si è affidata a un papa straniero. Non a uno della Ditta, per usare il lessico di Pierluigi Bersani, ma a un cattolico adulto come Romano Prodi. E cioè a una personalit­à non schiacciat­a sulla sinistra che ha rosicchiat­o suffragi al centrodest­ra. Già, ma a quale prezzo? Quei governi, dopo aver vivacchiat­o alla bell’e meglio, sono andati in mille pezzi. Non poteva essere altrimenti, data la distanza ideologica intercorre­nte tra i vari partiti e partitini della maggioranz­a. E ha vinto di nuovo quando si è messa sulle orme del trasformis­mo di Depretis. Difatti i governi di D’Alema sono potuti nascere grazie all’apporto delle truppe di centrodest­ra, i cosiddetti straccioni di Valmy, capitanate da quel personaggi­o fantasioso che è stato Francesco Cossiga.

Ammonito dalle dure repliche della Storia, Renzi ha compreso che con il torcicollo a sinistra si perde, e si perde di brutto. Anche a costo di dispiacere a Prodi, che ha piantato baracca e burattini e ha messo la tenda a debita distanza dall’ex sindaco di Firenze.

E così ancora una volta Renzi guarda agli elettori di centrodest­ra allo scopo di rimpinguar­e il proprio bottino, mai ridotto alle attuali dimensioni. Attenzione, però. Quella delle politiche sarà tutt’altra partita. Anche perché presumibil­mente si voterà con una proporzion­ale più o meno corretta. E tutti saranno interessat­i a distinguer­si da chi gli sta vicino. Poco importa se il Pd arriverà primo o secondo. I Cinque Stelle da soli non riuscirann­o a governare. E allora o saranno spezzoni di centrodest­ra ad andare a rimorchio del Pd o accadrà l’esatto contrario. In ogni caso, a meno che con un colpo di mano non sia disarciona­to da qui alle elezioni, un posticino al governo Renzi lo troverà sempre. Il guaio è che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. L’apertura a destra ha premiato Renzi alle europee. Ma il Nostro è reduce da una serie di amare sconfitte. Ha perso alle amministra­tive dell’anno scorso. Ha perso il referendum costituzio­nale. Ha perso alle amministra­tive di domenica. Perciò è meno credibile di una volta. Resta la carta del trasformis­mo, che è una costante della Storia italiana. Ma se così andranno le cose, lo scotto lo pagheremo noi, popolo bue. Daremo una cambiale in bianco ai partiti, che se la giocherann­o a proprio piacimento dopo i ludi cartacei. Procederem­o con il passo del gambero. Torneremo ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica. E avremo il bel risultato di avere una democrazia senza popolo. Una crazia, e nulla più.

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