CRAZIA SENZA DEMO
Antonio Martino è uno dei più brillanti deputati di Forza Italia. Ama le battute a effetto. Una delle più famose è la seguente: «I governanti sono come i pannolini dei bambini. Vanno cambiati spesso, sennò puzzano». Alla luce dei risultati delle amministrative, non vale più il detto di Giulio Andreotti secondo il quale il potere logora chi non ce l’ha. Il centrosinistra espugna cittadelle tradizionalmente di centrodestra come Lecce. Mentre perde città come Genova, Spezia e Pistoia dove governava da sempre. Certo, la sconfitta riportata un po’ dappertutto brucia. Matteo Renzi tende a minimizzare la batosta. Ma su una cosa ha ragione: è la coalizione formato Ulivo ad averle buscate di santa ragione. Difatti i maggiori crolli si sono registrati proprio quando non il centrosinistra ma la sinistra-centro si è presentata compatta ai nastri di partenza.
Del resto l’arcano ha la sua brava spiegazione. Dall’Assemblea costituente a oggi la sinistra è risultata sempre minoritaria nel Paese. E ha prevalso solo grazie a un paio di marchingegni. Ha vinto per ben due volte quando si è affidata a un papa straniero. Non a uno della Ditta, per usare il lessico di Pierluigi Bersani, ma a un cattolico adulto come Romano Prodi. E cioè a una personalità non schiacciata sulla sinistra che ha rosicchiato suffragi al centrodestra. Già, ma a quale prezzo? Quei governi, dopo aver vivacchiato alla bell’e meglio, sono andati in mille pezzi. Non poteva essere altrimenti, data la distanza ideologica intercorrente tra i vari partiti e partitini della maggioranza. E ha vinto di nuovo quando si è messa sulle orme del trasformismo di Depretis. Difatti i governi di D’Alema sono potuti nascere grazie all’apporto delle truppe di centrodestra, i cosiddetti straccioni di Valmy, capitanate da quel personaggio fantasioso che è stato Francesco Cossiga.
Ammonito dalle dure repliche della Storia, Renzi ha compreso che con il torcicollo a sinistra si perde, e si perde di brutto. Anche a costo di dispiacere a Prodi, che ha piantato baracca e burattini e ha messo la tenda a debita distanza dall’ex sindaco di Firenze.
E così ancora una volta Renzi guarda agli elettori di centrodestra allo scopo di rimpinguare il proprio bottino, mai ridotto alle attuali dimensioni. Attenzione, però. Quella delle politiche sarà tutt’altra partita. Anche perché presumibilmente si voterà con una proporzionale più o meno corretta. E tutti saranno interessati a distinguersi da chi gli sta vicino. Poco importa se il Pd arriverà primo o secondo. I Cinque Stelle da soli non riusciranno a governare. E allora o saranno spezzoni di centrodestra ad andare a rimorchio del Pd o accadrà l’esatto contrario. In ogni caso, a meno che con un colpo di mano non sia disarcionato da qui alle elezioni, un posticino al governo Renzi lo troverà sempre. Il guaio è che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. L’apertura a destra ha premiato Renzi alle europee. Ma il Nostro è reduce da una serie di amare sconfitte. Ha perso alle amministrative dell’anno scorso. Ha perso il referendum costituzionale. Ha perso alle amministrative di domenica. Perciò è meno credibile di una volta. Resta la carta del trasformismo, che è una costante della Storia italiana. Ma se così andranno le cose, lo scotto lo pagheremo noi, popolo bue. Daremo una cambiale in bianco ai partiti, che se la giocheranno a proprio piacimento dopo i ludi cartacei. Procederemo con il passo del gambero. Torneremo ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica. E avremo il bel risultato di avere una democrazia senza popolo. Una crazia, e nulla più.