TUTTO MILANI NELLA SUA CHIESA A CALENZANO
La figura di don Lorenzo Milani è tornata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica da quando Papa Francesco ne ha espressamente fatto uno dei propri punti di riferimento pastorali. Questo ritorno a Milani si distingue però dai frequenti corsi e ricorsi che questa figura di sacerdote ha conosciuto e invita piuttosto a rileggerla in una chiave più attenta alla sua verità storica. Nel corso delle tante stagioni della Chiesa e della società italiane don Milani è stato spesso ridotto a stereotipi o a caricature, che concentrandosi su un unico aspetto della sua personalità ne hanno però decostruito l’articolazione umana e storica. Da un lato si è teso ad accentuare la sola figura dell’educatore geniale e innovativo, svuotandola di tutto il suo spessore religioso e spirituale e declinandola nei termini del «rivoluzionario» che anticipa la stagione della contestazione. Dall’altro lato si è corso il rischio di ridimensionarne un pensiero teologico complesso e plasmato da una esperienza pastorale e umana non riducibile al pur cruciale innovatore letterario. Porsi al di là di questi riduzionismi significa passare attraverso gli scritti milaniani, vagliarli con l’occhio lungo dello storico non per allontanarli dal lettore di oggi ma per rendere comprensibile, attraverso di essi, la profondità di una vita, quella di don Lorenzo, che è animata dalla fede ed è lucidamente consapevole del proprio valore civile. È quel che emerge dai due volumi che raccolgono gli scritti di Milani, editi criticamente per i Meridiani Mondadori sotto la direzione di Alberto Melloni e la cura di Federico Ruozzi, Anna Carfora, Sergio Tanzarella e Valentina Oldano, purtroppo recentemente scomparsa. Un’opera che lunedì 3 luglio alle ore 18 il cardinale Betori, il presidente Rossi e la professoressa Bocchini Camaiani presentano a San Donato di Calenzano, in quella Chiesa della Compagnia che è uno dei luoghi della memoria ricca e travagliata di don Lorenzo. Approcciare questa impresa editoriale, che incrocia la lettura che Francesco dà della figura di Milani, significa per il lettore di oggi — attraverso Esperienze Pastorali, Lettera a una professoressa, Lettera ai cappellani militari o la corrispondenza del priore di Barbiana — misurarsi con una scrittura che è lo specchio di un’intelligenza del mondo. Fra le righe dei testi emerge tutto lo sforzo e la fatica di un sacerdote che cerca di intendere la propria realtà storica rimanendo nella Chiesa, nonostante le resistenze e le violenze subite dalla Chiesa stessa. È la convinzione religiosa di Milani che lo porta a fare dell’educazione degli scartati non tanto un gesto rivoluzionario quanto una incarnazione della misericordia evangelica che proprio in quanto tale genera giustizia. Nelle lettere scritte negli ultimi giorni di vita, quando la morte si avvicina, si coglie il risvolto forse più intimo e la ragione più profonda delle scelte che segnano la vita di don Lorenzo. A orientarlo vi è infatti la volontà di essere cristiano, che per lui significa assumere un alfabeto di lettura della storia che relativizza le strutture, ridimensiona le gerarchie e ribalta i pregiudizi, lasciando emergere i bisogni degli ultimi come la vera e ultima cifra di un momento storico. È la scoperta di un segno dei tempi che dal fianco dimenticato del monte Giovi ridice nelle pieghe di un tempo e di un luogo i contenuti del Vangelo.