UN PONTE, ANZI DUE ALLA RICERCA DI UNA VERA ETERNITÀ
«Però che ci s’innoltra ne lo abisso / de l’eterno statuto quel che chiedi / che da ogni creata vista è scisso». Questa la risposta che Dante, giunto nel Cielo di Saturno (ventunesimo canto del Paradiso) trova in san Pier Damiano al suo chiedere delucidazioni circa il mistero della predestinazione. Tanto prossima a Dio è la questione da essere inafferrabile per una mente umana, risponde in sostanza il santo. Se non trova soddisfazione alla propria curiosità, il Poeta va tuttavia a formalizzare per sempre nella nostra lingua il lemma «statuto», e se quello «eterno» altro non è che la mente di Dio, Arti e Corporazioni si sarebbero dati i propri, più temporanei ma certo con pretesa di lunga durata, se non di eternità. Non è però da Dante o dai molti statuti delle nostre Arti maggiori e minori che giunge il toponimo assegnato alla doppia strada che corre dal centro verso Rifredi e Careggi, bensì dallo Statuto Albertino, prima carta costituzionale d’Italia, essa pure non libera dalle pretese d’eternità proprie degli statuti, se è vero che la comunicazione della monarchia parlava dell’«elargizione di una legge fondamentale, perpetua e irrevocabile»? Non durò un secolo: il toponimo, però, continua a esistere, e trovò definitivo radicamento nell’identica denominazione dello scalo ferroviario pensato a metà anni Ottanta per «riscattare il senso di squallore — disse il suo architetto Cristiano Toraldo Di Francia — che la scarpata della ferrovia, come prima barriera di separazione con la città, trasmetteva a chi provenisse da Nord-ovest con un sistema di ponti ispirati a quello di Santa Trinita» e poi evolutosi a stazione a pieno titolo una volta che le Ferrovie ne realizzarono la posizione strategica. Affrontando la strada da via Guasti, nel colore amaranto della stazione e nei suoi toraldiani oblò, non si percepisce alcunché di immutabile. Ma se si arriva da Sud, al di là del fatto che la natura doppia della strada trova oggi un senso con l’imminente avvento della linea 3 della tramvia, è in mezzo ai suoi due ponti che, attuandosi in effetti l’altro e più nobile dialogo, quello con il Ponte di Santa Trinita, via dello Statuto trova un’organicità effettiva e mirabile con la città – e quindi, a suo modo, l’eternità.