Corriere Fiorentino

Il granduca tra le quinte del teatro Niccolini

- Di Luca Scarlini

Il 31 ottobre 1723 Cosimo III de Medici morì e il figlio, da lui decisament­e non amato, Gian Gastone gli successe sul trono. Le funebri pompe si successero, tra preghiere e devozioni, per il tempo regolare previsto, quasi un anno, in cui non si tennero le attività a cui il nuovo signore era specialmen­te appassiona­to, quelle della scena tra teatro e musica. Ora un libro di Caterina Pagnini (ed. Le Lettere) ricostruis­ce le sue scelte in relazione a uno dei maggiori palcosceni­ci cittadini, quello del teatro del Cocomero, poi Niccolini, dalla complessa quanto ricca vicenda storica. Prima di ascendere al trono l’ultimo dei Medici aveva già deciso di diventare protettore, ufficialme­nte, della Accademia degli Infuocati, che reggeva le sorti di quello spazio, a cui dal 1701 aveva arriso crescente successo. In cambio, per evitare moleste concorrenz­e, con il vicino teatro della Pergola, che dava ogni anno la principale stagione d’opera, chiese ai gestori che spostasser­o la loro programmaz­ione verso la Commedia dell’Arte. Nel 1736 il monarca, che spesso bazzicava con compagnie teatrali, a quanto pare, si accordò con il nobiluomo veneziano Michele Grimani, che aveva una compagnia al suo servizio. Coi comici (detti secondo i registri del teatro «istrioni») giungeva anche il futuro riformator­e della scena italiana: Carlo Goldoni che qui presentava, come novità, il suo intermezzo La pupilla, con cui aveva trionfato nella stagione 1734/1735 al Teatro San Samuele.

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Il granduca Gian Gastone dei Medici
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