IL CORAGGIO CHE SERVE (ANCHE NEL PALIO)
Pioggia a parte, la Siena del 2 luglio non si presentava malaccio davanti ai riflettori accesi per il Palio. Nella tradizionale conferenza stampa che il sindaco tiene nel giorno della Carriera, Bruno Valentini poteva esprimere la sua soddisfazione per l’imminente annuncio dell’ingresso dello Stato nel capitale di Mps.
Il giro di boa, finalmente. Una ripartenza discussa ma sicura, dopo anni e anni di tribolazioni e incertezze. Nelle stanze di Palazzo Pubblico si raccolgono dati significativi: i piani della banca prevederebbero circa 5.000 esuberi in cinque anni. Ma si tratta di uscite concordate, non di licenziamenti. Anzi si parla di 500 possibili assunzioni per un Monte sgravato di 26 miliardi di crediti in sofferenza. Una svolta che con una banca tornata a fare il suo mestiere, dopo gli anni di una fallimentare grandeur, ridarebbe ossigeno anche a tutto l’indotto: avvocati, notai, commercialisti che in questi anni hanno pagato un prezzo salato. E poi non c’è solo Mps: Siena ora è quarta tra le città italiane per l’apporto che la cultura dà al prodotto interno lordo municipale (8 per cento). La crisi non è un ricordo, però sarebbe miopia non cogliere i segnali di un cambio di stagione alla vigilia di una campagna elettorale per le comunali che si presenta lunga e piena di incertezze. Il Pd farà le primarie o riconfermerà Valentini? E chi e in quanti sfideranno l’uomo del Pd?
Il Palio di Provenzano, sfociato nei canti festosi dei giraffini, ha probabilmente allargato il campo della battaglia politica. Perché il caso di Tornasol escluso dalla corsa era un’occasione per andare all’attacco del sindaco e subito c’è stato chi ne ha approfittato, via social. Non importa essere profeti per immaginarsi che le polemiche, più o meno strumentali, andranno avanti per parecchio tempo. Certo, di mosse lunghissime sono piene le cronache del Palio, ma non si ricorda un cavallo che ingaggiando un vero e proprio duello con il suo fantino, si rifiutasse furiosamente di correre indietreggiando dalla mossa fin davanti al palco delle comparse. Il messaggio che lanciava il barbero assegnato in sorte alla Tartuca era chiarissimo: stava soffrendo una situazione di panico e stress e mai e poi mai avrebbe accettato di piegarsi ai voleri del suo cavaliere allineandosi agli altri tra i canapi per la partenza. Il rodeo con Luigi Bruschelli, il fantino più esperto del Palio (50 anni e tredici vittorie) è durato 120 minuti, un tempo infinito per una piazza in trepida attesa. Eppure la piazza assisteva attonita. Preoccupata. Quasi in silenzio, a parte qualche inevitabile bercio. Salvo spazientirsi alle prime ombre della sera, ma non con il cavallo ribelle. Era l’assenza di ogni decisione a esasperare gli animi. La percezione di una drammatica difficoltà a tirarsi fuori dall’impiccio imprevisto. E la gente raccolta nella conchiglia assomigliava a un esercito che teme di aver perso lo stato maggiore.
Consulti, studio del regolamento, la commissione dei veterinari e poi il verdetto, quando ormai calavano le prime ombre della notte: corsa in nove, Tornasol nell’Entrone, Tartuca fuori. Un esito prevedibile, al quale si poteva arrivare molto prima —anche se l’esclusione di una Contrada dal tufo è una decisione drammatica e dolorosa— evitando l’intervento della magistratura e gli sciacallaggi del giorno dopo. Ma il problema non è solo di orologio. Il Palio vive da secoli, alimentato dalla memoria delle sue pagine più entusiasmanti. E sono pagine epiche, scritte da senesi, con la loro spontaneità e con la loro passione. Ora c’è l’articolo 50, certo, a disciplinare (parzialmente) gli eventuali ritiri. Ora ci sono le dirette televisive. Le urgenze della comunicazione planetaria. E c’è anche il fucile puntato degli animalisti. È la stagione del politically correct. Per forza. Eppure non sembra d’aver torto a pensare che a tener vivo il Palio, alla fine, non siano decaloghi e commi, ma il coraggio. Il coraggio dei suoi singoli protagonisti. Il coraggio che domenica in piazza non s’è visto. Il coraggio di caricarsi sulle spalle un destino. E condividerlo con il proprio popolo. Impossibile? Sì, secondo le regole. No, secondo la legge delle leadership, che qualche volta irrompono con il proprio carisma in mezzo a timori e cautele di ogni specie.
E chissà se la mesta uscita di Tornasol dal Campo, seguito a distanza da un desolato Luigi Bruschelli, non sia solo l’addio di un cavallo alla Piazza e la fine più plateale dell’impero di un fantino. Forse è anche una metafora. Una strattonata a tutta Siena. Chiamata a guar- dare avanti senza aspettare che sia la Fortuna a decidere tutto. Non servirà a molto quella paura di sbagliare che il 2 luglio ha tenuto tutti troppo a lungo con il fiato sospeso. Alimentando un tam tam di voci e veleni che danneggiano la Festa.
Il Palio ha valori che vanno ben oltre la battaglia sul tufo. Il Palio non è una ribalta di trasparenza, ma la sua sopravvivenza attraverso i secoli è il frutto evidente della capacità di guardarsi dentro per cambiare quello che più non va, non funziona. I Capitani dovrebbero accettare una volta per tutte l’idea di portare in pista i dieci cavalli più potenti e più esperti, senza eccessi di tattica, centellinando le new entry, come Tornasol. Le Contrade, che sono la colonna vertebrale di Siena, dovrebbero sentirsi sempre più impegnate a immettere nuova energia nel tessuto sociale di tutta la città. E a livello politico forse ora ci sarebbe bisogno di uno sforzo di ricomposizione civica, fatto di confronto aperto delle idee che è l’opposto della cultura del pregiudizio. Ognuno per sé, nel rispetto dei ruoli. Ma uniti nell’impresa del buon governo (copyright Ambrogio Lorenzetti). Diciassette realtà, diciassette bandiere e un filo comune. Con cui mantenere il passo con la storia. Con coraggio. Non solo nel Palio.
Esitazioni pericolose Il caso di Tornasol che alla fine è uscito dalla Piazza senza correre: un esito a cui si poteva arrivare prima, evitando voci, strascichi e veleni