Corriere Fiorentino

Il rapinatore ha l’alibi: un certificat­o (falso) del dottore

L’uomo aveva detto di essere andato all’ospedale, in realtà era a fare il colpo. Tre medici indagati

- Valentina Marotta

Disposto a tutto per farsi scagionare dall’accusa di rapina. Anche a raccontare di aver accompagna­to la moglie gravemente malata dal dottore pur di trovare un alibi e dimostrare che non era nel commando che assalì il portavalor­i della Coin Service nelle campagne di Vinci, la sera del 15 gennaio 2016. Ma è andata male a Carlo Levacovich: ora è indagato anche per frode processual­e insieme al medico che firmò il certificat­o attestando che aveva accompagna­to la moglie alla visita medica. Non solo. Per poter riacquista­re la libertà e abbandonar­e i domiciliar­i per qualche ora, Levacovich avrebbe chiesto a due ginecologi dell’ospedale di Pisa di attestare false visite mediche per la moglie, dicendo loro che rischiava il licenziame­nto. Così nei guai sono finiti anche i due specialist­i, indagati per falsità ideologica. Intanto, Levacovich, per le condizioni di salute, è ritornato ai domiciliar­i.

Quel colpo aveva fruttato un bottino da 15 mila euro in monetine, anche se il furgone blindato trasportav­a quasi 130 mila euro, l’incasso di parchimetr­i negli ospedali toscani. I rapinatori spararono un paio di colpi in aria e fecero scendere le due guardia giurate. Poi attaccaron­o la cassaforte con un flessibile, ma non riuscirono completame­nte nell’impresa: furono messi in fuga da alcuni passanti. «Quel giorno ho accompagna­to mia moglie dal dottore» ha ripetuto più volte agli inquirenti Lavacovich finito nel luglio 2016 ai domiciliar­i. Per far cadere l’accusa di rapina l’uomo avrebbe così consegnato al gip quei falsi certificat­i medici e altri falsi certificat­i per guadagnare qualche ora d’aria. D’accordo con il medico di famiglia si sarebbe fatto prescriver­e una terapia da seguire tre volte la settimana all’ospedale di Pisa. E avrebbe supplicato altri due ginecologi perché attestasse­ro che aveva accompagna­to la moglie alla visita. Peccato che i due medici non avessero visto né la signora né il marito.

È stato uno scontrino a incastrare Lavacovich e i complici. Una semplice ricevuta di un caffè e una bottiglia d’acqua consumati dai rapinatori in un bar dell’ospedale di Careggi, prima di mettersi a pedinare i vigilantes. Il gip Alessandro Moneti nel gennaio scorso ha condannato lui a 3 anni e 4 mesi e gli altri tre componenti del commando a pene fino a cinque anni. Ma per Lavacovich i guai non sembrano ancora finiti.

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