Tra le macerie di Torre Annunziata «Restiamo qui, ogni rumore è vita»
Trentadue vigili del fuoco toscani tra i soccorritori delle famiglie vittime del crollo
«Andremo avanti tutta la notte, ascoltando ogni suono Senza speranza di trovare qualcuno, non partiremmo nemmeno»
TORRE ANNUNZIATA (NAPOLI) «Stiamo scavando a mani nude, stiamo cercando di sentire ogni minimo rumore, una voce, una richiesta di aiuto». Intorno solo silenzio. Solo macerie, e un grido, ogni tanto: «Siamo i vigili del fuoco, c’è nessuno?». Il team Usar della Toscana (Urban Search and Rescue) è partito alle 9.30 di ieri mattina alla volta di Torre Annunziata, Napoli, dove è crollato un palazzo di quattro piani. A ieri sera sotto le macerie sono state trovate tre persone morte, cinque i dispersi.
Per i vigili del fuoco toscani è passato un quarto d’ora tra la chiamata e la partenza per il luogo del disastro: in cinque, con l’elicottero da Arezzo, sono arrivati a Torre Annunziata intorno alle 12.30. Gli altri 27 uomini toscani, partiti da Livorno e Pisa, con sei mezzi e le unità cinofile, si sono messi per strada. Alle 15.30 erano già tutti lì. Sono addestrati per questo, per cercare vivi e morti sotto cumuli di macerie. Sono «quelli di Rigopiano», che non vogliono essere citati per nome, perché «siamo tutti insieme qui, siamo con i colleghi di Roma, di Napoli».
I soccorritori toscani dell’Usar «ascoltano le macerie, ogni rumore può essere vita». Con i geofoni, strumenti che cercano vibrazioni e amplificano suoni, con i cani, addestrati proprio a Pisa, dove è allestito uno dei campi macerie più attrezzato d’Europa, con le telecamere da ricerca, quelle che sembrano piccoli serpenti, tubicini che possono entrare nei pertugi e nelle crepe, per cercare di «vedere» i sopravvissuti, i sepolti vivi. «Non ce ne andremo, finché non tireremo fuori fino l’ultimo disperso. Vivo o morto». Cercano le famiglie intrappolate, con l’aiuto di chi ce l’ha fatta a scappare, dei vicini, degli amici, che indicano loro dove dovrebbero essere le stanze, dove potrebbero essere i dispersi. Sopra le macerie, tra la polvere, cercano di sentire, di intercettare qualsiasi rumore, suono, battere ritmato, una voce, una richiesta di aiuto. Cercano la famiglia Cuccurullo, padre, tecnico del Comune di Torre Annunziata, madre e figlio di 25 anni, che abitavano nell’attico; cercano la sarta che abitava da sola al quarto piano; cercano la famiglia Guida, i due genitori e i figli, Francesca di 11 anni, e Salvatore, di 8, sperando nel miracolo. I piani della palazzina sono crollati uno sopra all’altro finché lo stabile non è venuto giù tutto, sulla strada, sulla ferrovia, interrotta per i detriti. Sbriciolato, da non si sa cosa. «Le macerie non sono buone. È polvere. C’è il tufo», dice il vigile del fuoco toscano all’altro capo del telefono. «Noi speriamo, speriamo sempre, di trovarli vivi. E ci mettiamo anima e cuore. Senza quella speranza, non partiremmo neppure». La speranza che li tenne svegli a Rigopiano, che li aiutò a tenere duro, a estrarre 9 persone sepolte per giorni, e a trovare i bambini, che erano rimasti soli, separati dagli adulti, in una stanza miracolosamente quasi intatta. Cercano ancora quel suono, che sia una voce o il battere ritmico su un qualsiasi tubo o pezzo di ferro, qualcosa che possa «suonare», cercano di nuovo il miracolo, quello che li fece piangere di gioia, esultare sulla neve nel silenzio della valanga di gennaio. Qui, a chilometri di distanza, da Torre Annunziata, arrivano invece le loro di voci, e si sentono, in sottofondo, i rumori dei mattoni, di quelle briciole che sono rimaste di quel palazzo, che vengono spostati e scavati, come su un cantiere.
Alle 17 si sentono anche i martelli pneumatici, farsi strada tra i pezzi di muro. La voce dei soccorritori, stavolta, è quasi rotta dallo sconforto. «Ancora non abbiamo sentito niente. Ancora niente». Dopo un’ora iniziano invece a trovare le prime vittime, due adulti, di cui non vengono dichiarate le generalità. I cani corrono, tra travi spezzate e polvere, tra il caldo infernale. I vigili del fuoco continuano a cercare sacche d’aria in cui potrebbero esserci sopravvissuti. «Andremo avanti tutta la notte, ad oltranza». Ad ascoltare, a chiamare: «C’è nessuno?».
Il racconto