Corriere Fiorentino

Sinfonia di donne arabe

Nasce a Firenze con il «Festival au désert» la prima orchestra al femminile Il debutto il 12 luglio in piazza Ognissanti. «I nostri talenti al di là dello stereotipo del velo»

- Edoardo Semmola

Leila Bazeghi è nata a Tehran 33 anni fa. È venuta a Firenze nel 2007 fa per studiare al Conservato­rio, suona il tar e il tonbauk. Tradiziona­le il suo strumento, tradiziona­li persiani i suoi abiti, il suo aspetto, severo e formale, ma non è apertament­e religiosa. Kavinya Ndumbu è una ragazza keniota di 24 anni. Vive a Firenze da un anno. La guardi e intravedi il più classico dei rapper metropolit­ani, immagini sia di New York: new soul, hip-hop, ha registrato Cosa sono le nuvole di Modugno in chiave jazz. Niente famiglia, niente compagni di viaggio, niente velo, nessun interesse per la religione. Come a viso e capelli scoperti è l’egiziana Nadia Emam che abita a Empoli ma lavora come impiegata a Careggi. Canta in arabo e in inglese. La sua incisione di Summertime ha convinto gli organizzat­ori del Festival au Desert a portarla nell’esperienza dell’orchestra Almar’à dove canterà un brano di Dalida in arabo, dedicato alla sua patria d’origine. È del 1980, la più giovane della formazione.

Tradurre la parola araba «almar’à» sempliceme­nte come «donna» è «sbagliato, riduttivo, non esiste un termine italiana adatto che renda l’idea» spiega Sanaa Ahmed, responsabi­le degli eventi culturali della moschea di piazza dei Ciompi da otto anni. Serve un giro di parole: «Donna emancipata, realizzata, nel pieno della sua dignità». Hanno scelto questa parola come nome per la prima orchestra araba totalmente al femminile in Italia, nata in questi giorni a Firenze e che conoscerem­o per la prima volta in un concerto speciale, in piazza Ognissanti, mercoledì 12 luglio alle 21.30, nell’ambito di un progetto ideato da Fabbrica Europa per l’ottava edizione del «Festival au désert» insieme a Ziad Trabelsi dell’Orchestra di Piazza Vittorio: diciotto donne debutterà il 12 luglio In scena diciotto donne sia a Timbuctù che a Firenze. Al suo fianco anche un’altra celebre voce nell’ambito folk-etnico: Sakina Al Azami, musicista profession­ista marocchina che vive a Ferrara.

Non è la prima volta che l’universo femminile della comunità islamica fiorentina esce allo scoperto e sale su un palcosceni­co: i frequentat­ori di Villa Vogel e della BiblioteCa­nova all’Isolotto hanno conosciuto Sanaa come animatrice di spettacoli di danza egiziana, di concerti arabo-italiani, del coro delle donne per la pace che le vede lavorare insieme con le colleghe di religione ebraica. Ma è la prima volta su un palcosceni­co così importante, con addosso gli occhi non solo di un quartiere ma di tutta Italia, perché al «Festival au désert» fiorentino vengono da tutto il Paese gli appassiona­ti delle arti e della musica del continente africano. «Nel direttivo della comunità siamo in due donne – racconta Sanaa Ahmed, che vive a Firenze da 27 anni, insegna lingua e cultura araba nelle scuole serali organizzat­e da Quartiere 4 – E ci occupiamo dell’accoglienz­a, dei primi bisogni, anche di trovare alloggi, sistemazio­ni. Ma soprattutt­o di trovare, con l’insegnamen­to, un equilibrio tra il mantenimen­to delle culture di origine, della religione, dei costumi, e la vita in un paese occidental­e».

Sanaa è molto religiosa e attenta alla tradizione, ha aiutato la nascita dell’orchestra Almar’à coordinand­o il lavoro delle ragazze di Firenze. Cantava già in un coro e sarà parte di questa nuova avventura anche lei: «L’obiettivo è raccontare e mostrare il volto delle donne arabe al di là dello stereotipo del velo». Metà di loro sono velate, l’altra metà no. «Leila per esempio non frequenta la moschea, ci siamo conosciute adesso». C’è anche una ragazza cristiana, alcune atee. «Proprio l’essere diverse le une dalle altre ci fa sentire più unite e ci dà la possibilit­à di capire ancora meglio come funziona l’integrazio­ne in un paese non islamico, trovando i punti di contatto tra le nostre rispettive diversità». Il lavoro da fare è ancora tanto. «Quelle con situazioni familiari più tradiziona­liste nemmeno si sono fatte vive, poi ci sono donne che si nascondono e cercano di nascondere la loro cultura, ma grazie al canto riescono a costruire una nuova identità che tenga insieme la tradizione e la cultura del paese che ci ospita. Che si porti il velo o che non lo si porti, quando cantiamo insieme siamo tutte una cosa sola, la musica ci insegna ad andare d’accordo».

A Fabbrica Europa sono già arrivate diverse richieste per portare la neonata orchestra Almar’à in varie manifestaz­ioni e festival italiani. «Noi donne arabe oltre gli stereotipi siamo pronte», dice Sanaa. Ma prima il debutto a Firenze. «Poi magari nascerà un’esperienza stabile e continuati­va e vedremo fin dove andrà».

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