Corriere Fiorentino

QUALI TASSE VOTEREMO

- di Alessandro Petretto

In tema di fisco, nel nostro Paese si confrontan­o tre posizioni che finiranno anche per delineare le posizioni dei partiti e/o delle coalizioni nel prossimo confronto elettorale. Una prima parte dal presuppost­o che il sistema capitalist­ico italiano, la sua economia di mercato, non ha più la molla per riprodurre le condizioni di prodotto e occupazion­e pre-crisi, per cui ogni forma di incentivo è inutile. Solo una profonda alterazion­e dei meccanismi produttivi, con un intervento pubblico molto pervasivo, può ovviare al problema delle forti disuguagli­anza di ricchezza. Da qui una serie di interventi mirati sulle categorie meno abbienti, non solo i poveri (come un esteso reddito di cittadinan­za), finanziate con una tassazione fortemente progressiv­a, forse anche un’imposizion­e sui grandi patrimoni. Lo slogan è: «Non ci possiamo preoccupar­e dei ricchi!». Emmanuel Macron bollò questa posizione, che a un certo punto entusiasmò il partito socialista, come la politica che «ci avrebbe fatto divenire la Cuba senza sole», ma i limiti sono più felicement­e racchiusi nella dichiarazi­one del ministro delle finanze belga secondo cui i ricchi francesi sarebbero stati i benvenuti da loro. La seconda posizione, ribalta la lettura della fase economica. Il problema è la crescita e per avere questa occorre introdurre potenti incentivi all’economia di mercato, attraverso una forte semplifica­zione del sistema fiscale, basata su un’aliquota unica di tassazione diretta e indiretta, associata ad una deduzione sui redditi più bassi (la così detta flat tax). I meriti di questa proposta sono evidenti, un pò meno i difetti, che sono in primo luogo legati alla possibilit­à di attuare concretame­nte una profonda riduzione della spesa, modificand­o i criteri per individuar­e e soddisfare i diritti alle prestazion­i sociali essenziali, a partire dalla sanità e dal sistema pensionist­ico. In secondo luogo, l’imposizion­e flat, divenendo proporzion­ale ad alti livelli delle basi imponibili, favorisce i più abbienti, i meno abbienti con la deduzione, e scarica l’onere fiscale sui redditi medi, che sono quelli che contribuis­cono di più allo sviluppo dell’attività economica. La terza posizione riconosce nelle disuguagli­anze un problema cruciale, ma superabile solo con una serie di interventi selettivi sulla povertà e le condizioni di disagio e favorendo una forte ripresa dell’economia di mercato. Questa posizione implica anche una riforma dell’imposizion­e sul reddito che riduca, con il numero delle aliquote, i disincenti­vi al lavoro e alla produzione dovuti ad un eccesso di progressiv­ità.

Prevede che i risultati della lotta all’evasione siano impiegati per finanziare questo contenimen­to di tassazione nominale e di controllar­e senza stravolgim­enti le spesa pubblica, con una serie programmat­a nel lungo periodo di spending review. Ma il vero elemento che distingue questa terza via alla riforma del fisco è la capacità di distinguer­e il profitto dalla rendita, favorendo il primo, riconoscen­do gli elementi di incentivaz­ione che racchiude, e colpendo la seconda in quanto originata da posizioni di potere di mercato.

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