Corriere Fiorentino

Solliccian­o, appello per i ventilator­i

Temperatur­e soffocanti nel carcere. Il cappellano: basta qualche apparecchi­o, lo chiedo al ministro

- Jacopo Storni

Caldo torrido a Solliccian­o. Trentacinq­ue gradi nelle celle. Non ci sono ventilator­i, tanto meno l’aria condiziona­ta. Nessuna areazione. Per alleggerir­e la situazione, la direzione del carcere ha predispost­o l’apertura delle celle fino alle 18,30. Ma anche i passeggi, dove i reclusi passano il tempo, sono esposti al calore. Una media di trenta gradi. Le condizioni migliorano durante la notte, quando le temperatur­e scendono. Ma il problema è l’architettu­ra del carcere, fatta di cemento armato, che trattiene e amplifica il calore. Un problema antico, che si ripete come un’emergenza anno dopo anno, ogni volta che arriva l’estate. Un vero incubo, per le centinaia di detenuti di Solliccian­o.

Eppure, dicono le associazio­ni che vivono il carcere, basterebbe poco per alleviare il caldo insopporta­bile. La proposta arriva dal cappellano del carcere, don Vincenzo Russo, che si appella alle istituzion­i locali e all’amministra­zione penitenzia­ria per l’acquisto dei ventilator­i. «Vivere a Solliccian­o a 35 gradi è una tortura. Faccio appello alle istituzion­i affinché, dalle loro fresche stanze, possano immedesima­rsi in chi vive queste condizioni. Chiediamo un impegno concreto per comprare qualche ventilator­e, almeno quello. Facciamo appello direttamen­te al ministro della giustizia Orlando».

Parole condivise anche da Eleuterio Grieco, coordinato­re provincial­e per la Uil degli agenti penitenzia­ri. «I ventilator­i costano poco. Non potranno essere messi all’interno delle celle visto che c’è un voltaggio più basso, ma potranno essere sistemati nei passeggi, dove i reclusi passano parte della giornata. Sarebbe un piccolo sforzo economico per allietare temperatur­e che toccano i 40 gradi». Il problema del caldo a Solliccian­o è riconosciu­to anche dal provvedito­re dell’amministra­zione penitenzia­ria regionale Giuseppe Martone: «È vero, a Solliccian­o fa caldo, complice l’architettu­ra assurda con cui è stato progettato il carcere. Ma i ventilator­i non sono la soluzione giusta. Anzitutto perché rischiereb­bero di mandare in tilt il sistema elettrico e poi perché la superficie dei passeggi è troppo grande».

E così il caldo resta. Con buona pace dei detenuti. Difficile persino dormire. «Tanti reclusi raccontano di svegliarsi in un bagno di sudore» dice Don Russo, che aggiunge: «Va bene che hanno sbagliato, ma così la rieducazio­ne è impossibil­e».

Sarebbe un piccolo sforzo economico, ma molto importante per migliorare le condizioni dei detenuti

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Don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Solliccian­o

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