Corriere Fiorentino

IL RIQUADRO SULL’ARNO CHE RICORDA PISA (DAVANTI A GALILEO)

- di Vanni Santoni

Ho sempre trovato Piazza dei Giudici in qualche modo straniante, per quanto sia stato il primo luogo della città che ho visitato con cognizione di causa: dei miei primi tre anni di vita, trascorsi in via Masaccio prima di spostarmi in Valdarno, non reco memorie; dell’inevitabil­e gita agli Uffizi delle medie, pure, non ho ricordo, ma è quasi certo che fuggimmo per infilarci in sala giochi; il mio professore di matematica del liceo, invece, ossessiona­to dalla fisica sperimenta­le, nella quale si era laureato, ci portava in gita al Museo di Storia della Scienza di palazzo Castellani ogni anno scolastico, e anche col fiero disinteres­se cui era tenuto chi aspirasse al pieno rispetto dei compagni, qualcosa passava per forza, che fosse il «piano inclinato», il Tubo di Torricelli o il banco chimico del granduca Pietro Leopoldo.

Non reco ricordo, invece, dell’astrusa scultura fuori dal palazzo, e in effetti scopro oggi non solo che è stata installata nel 2007, ma anche che si tratta dello gnomone di una meridiana, mancato riconoscim­ento che sottolinea la mia scarsa attitudine alla fisica. Non è però solo lo gnomone a straniarmi: vivendo a Firenze, ho realizzato col tempo quanto poco fiorentina sia quella piazza su cui avevo disegnato la mia prima idea della città, ma solo dopo aver passato un periodo della mia vita a Pisa ho capito che non solo non è fiorentina: è proprio pisana.

Questo taglio di un riquadro sull’Arno da noi non usa (al massimo lo si fa per dar luce al fronte di una chiesa), mentre è prassi a Pisa: c’entra in realtà la riorganizz­azione dei Lungarni, che ha cancellato le piazze medievali, le quali si aprivano sul fiume in funzione delle esigenze di tiratoi e mulini, e che ben esistevano anche da noi, ma delle quali vi è oggi testimonia­nza solo nella città rivale. Con l’eccezione, appunto, di Piazza dei Giudici. Alla luce di tutto questo, e nonostante i Giudici in questione fossero quanto di più fiorentino si possa immaginare — si tratta dei Giudici di Ruota, istituiti da Pier Soderini, che per trecento anni si occuparono delle cause civili in città — la reintitola­zione del Museo di Storia della Scienza al pisano Galileo Galilei, contro la quale il mio antico professore, fan sfegatato del fiorentino (ancorché di adozione) Torricelli, si sarebbe senz’altro schierato, appare invece quantomai sensata.

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