Corriere Fiorentino

Il doppio tradimento dell’evaso modello

Nel carcere di Volterra dopo la fuga dell’ergastolan­o. «Si era diplomato qui, ci fidavamo»

- di Antonio Valentini

Sarebbe dovuto rientrare in carcere il 4 luglio, dopo un permesso premio, invece Ismail Kammoun, tunisino condannato all’ergastolo per omicidio ma oggi detenuto irreprensi­bile, è svanito nel nulla e adesso è ricercato in tutta Italia. A Volterra, nel carcere «modello» dove i detenuti studiano e lavorano, nessuno si spiega perché: il mancato rientro è vissuto come un piccolo, grande tradimento.

Le guardie Comportame­nto irreprensi­bile tra lavoro in sartoria, facchinagg­io e la maturità da geometra: «Era pronto a reintegrar­si»

Nessuno sa immaginare cosa sia scattato nella mente di Ismail Kammoun, nel 2002 condannato all’ergastolo per l’omicidio di mafia dell’ex poliziotto Serafino Ogliastro e detenuto modello fino alla sera del 24 giugno. Dal giorno dopo avrebbe iniziato un permesso premio di dieci giorni, due da trascorrer­e a Volterra e gli altri a Livorno. Ma di lui si è persa ogni traccia e dal 4 luglio, giorno fissato per il rientro in carcere, è ufficialme­nte un ricercato.

È svanito nel nulla, senza che alla questura di Livorno ne avessero registrato la presenza. Sulla sua sorte si fanno le congetture più disparate. Se il mancato rientro fosse imputabile a un improvviso e imprevedib­ile bisogno di fuga, Kammoun avrebbe messo da parte ogni logica: ha scontato quasi 22 anni, gliene sarebbero bastati altri quattro — costellati da permessi premio per la condotta fin qui irreprensi­bile — per ottenere la libertà condiziona­le. Se invece il mancato rientro fosse involontar­io, si prospetter­ebbe un quadro completame­nte diverso. L’uomo, al momento, è ricercato in tutt’Italia e su, al Mastio, dove la re-integrazio­ne sociale dei detenuti è molto più di una parola d’ordine, il mancato rientro è vissuto come un piccolo-grande tradimento. Proprio da Ismail Kammoun, 55 anni e tunisino d’origine, nessuno se lo sarebbe aspettato: fervente islamista ma lontano anni luce da ogni tentazione jihadista, rigoroso nella sua profession­e di fede e tuttavia per nulla incline al radicalism­o religioso. Almeno così lo descrivono nella casa di reclusione dove le porte delle celle mai si chiudono e gli scambi con l’esterno sono prassi quotidiana. «Siamo in carcere, ma tutto è aperto», scrisse Alessio Gaggioli in un reportage per il Corriere Fiorentino, raccontand­o la prima esperienza al mondo in cui gli studenti studiano con i detenuti. «Era una persona affidabile, meritava la nostra fiducia», ricorda una guardia carceraria. Non beveva alcolici, non mangiava la carne di maiale. «Teneva un comportame­nto irreprensi­bile, non fanno testo le poche sanzioni disciplina­ri ricevute», commenta Pasquale Salemme, referente toscano del Sappe, sindacato delle guardie penitenzia­rie.

Un comportame­nto tanto irreprensi­bile da fargli meritare, negli ultimi tre anni e mezzo, un numero crescente di permessi-premio. Da parte sua, Ismail Kammoun ce l’aveva messa tutta. Lavorava in prospettiv­a della libertà condiziona­ta, che sarebbe arrivata poco prima del compimento dei 60 anni: lavoro in sartoria, facchinagg­io, ma soprattutt­o — nel 2011 — il diploma da geometra, con il quale sperava di reintegrar­si nella società. E allora, che è successo? «Sarebbe interessan­te chiedergli­elo — osserva Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti per la Toscana — L’ordinament­o prevede un sistema premiale basato sulla reciproca utilità. Dopo tanti anni di buona condotta, Kammoun ha mandato in fumo tutto il vantaggio acquisito. Chissà cosa è scattato nella sua mente». Qualunque cosa sia avvenuta, l’ergastolan­o modello ora è ricercato su tutto il territorio nazionale: è difficile, anche se non impossibil­e, che sia riuscito a espatriare. «Il rapporto umano sta alla base del nostro lavoro — dice la guardia carceraria — e ogni giorno cerchiamo di capire cosa passi nella testa delle persone. E poi di Ismail ci fidavamo, per anni e anni siamo stati a contatto di gomito. Quando succedono queste cose, viene tradita la nostra fiducia: mai manderemmo una persona fuori se non fossimo convinti che è pronta a rientrare».

Nonostante la fuga, il carcere di Volterra procede dritto per la sua strada. Gli studenti continuera­nno a passare sotto al metal-detector prima di andare a lezione, staranno seduti al fianco degli altri detenuti. Ismail Kammoun, che aveva superato a pieni voti l’esame di maturità e quello di affidabili­tà, se sarà riacciuffa­to potrà spiegare quel temporaneo annebbiame­nto della ragione che l’ha indotto a polverizza­re la nuova reputazion­e che si era costruito.

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Detenuti nel carcere di Volterra
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Ismail Kammoun, 55 anni, tunisino, condannato all’ergastolo, evaso durante un permesso e attualment­e ricercato A sinistra una lezione nel carcere dove detenuti studiano accanto a ragazzi venuti da fuori

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