IMMIGRATI E IUS SOLI, UNA PRECEDENZA CHE FA DISCUTERE
La proposta di legge sulla riforma della cittadinanza che introduce lo ius soli permetterebbe di rendere cittadini italiani circa un milione di ragazzi nati nel nostro Paese da genitori non italiani. Alcuni di loro sono «stra-neri», ma nessuno è «straniero». Nella sola Firenze si tratta di 4.043 bambini nati da genitori entrambi stranieri, 1.706 dei quali con età da 1 a 5 anni.
Lo ius soli è una bella battaglia di civiltà, e di cultura, che prevede comunque un percorso scolastico. Secondo un recente sondaggio la maggioranza degli italiani è contraria alla legge (63 % no, 33 % sì). Forse perché estende a questi giovani le paure sull’immigrazione. Che i flussi migratori vadano contenuti e regolati, e che non si possano indirizzare soprattutto in Italia, è oggi opinione comune. Tutte le misure di contenimento e gestione dell’immigrazione sono benvenute, a partire dalla legge Minniti. Ma manca ancora una buona politica dell’immigrazione, che limiti i flussi, organizzi l’accoglienza per piccoli gruppi, comprenda l’impegno a far rispettare la Costituzione, a favorire l’istruzione, a offrire da subito prospettive di lavoro, combattendo lo sfruttamento. In una frase una politica che faccia comprendere che gli immigrati possono essere una risorsa demografica e produttiva, come è accaduto, dati alla mano, in Germania. Il rapporto «Toscana 2006-2016», il primo su socialità e sanità, conferma per la Toscana quanto già sappiamo a livello nazionale dai precedenti rapporti Istat. Qui si vive più a lungo, ci si sposa sempre meno, tanto che nel 2033 potrebbero scomparire i matrimoni, e si fanno meno figli, seguendo l’ideale «children free» di chi non desidera figli, anche senza risentire di difficoltà sociali ed economiche. Qualche giorno fa il presidente dell’Inps Tito Boeri, nella relazione di accompagnamento al Rapporto annuale, aveva espresso un concetto «forte»: «Gli immigrati offrono un contributo molto importante al finanziamento del nostro sistema di protezione sociale e questa funzione è destinata a crescere nei prossimi decenni. Compensano, in pratica, il calo delle nascite nel nostro Paese. La chiusura delle frontiere significherebbe, a prezzi costanti 73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate agli immigrati con un saldo netto negativo di 38 miliardi per l’Inps». Senza gli immigrati sarebbe dunque difficile sostenere la spesa pensionistica, il calo demografico sarebbe pesante, si ridurrebbe il numero degli studenti, diminuirebbe il Pil. Ma un’immigrazione senza una buona gestione politica e amministrativa produce solo paure e rigetto. Iniziamo con lo ius soli, ma il governo e gli amministratori locali hanno anche la responsabilità, con una buona gestione dei flussi migratori, di garantire un futuro di benessere e di integrazione sociale a un Paese che rischia di frantumarsi nei più diversi, e contrapposti, egoismi.