E difende il Giglio magico «Troppi fiorentini a Roma? Troppo pochi, semmai»
«Il Giglio magico? Esiste, il problema è che è troppo piccolo, bisogna allargarlo». Non basta: «A Roma a volte hanno avuto qualche preoccupazione per questi fiorentini. Dicono sono troppi. Io dico troppo pochi», dice sorridendo Matteo Renzi poco dopo aver presentato il suo ultimo libro «Avanti» ieri all’auditorium del museo Maxxi di Roma. E che non si tratti di una difesa d’ufficio in favore di telecamera è chiaro leggendo il libro. Tre pagine buone sono dedicate ai suoi fedelissimi, gran parte dei quali lo seguono dai tempi di Palazzo Vecchio e in qualche caso (Luca Lotti e Marco Carrai) anche da quelli da presidente della Provincia. Renzi ammette che le polemiche — dal caso Banca Etruria all’indagine su Lotti — lo hanno «probabilmente danneggiato nell’immaginario collettivo», ma rilancia. Nelle 240 pagine del libro (parole più usate: «politica», «governo», «tutti» ma anche «mio»), il tono con cui Renzi parla dei renzianissimi ricorda vagamente quello con Nando Martellini decantò «Albertosi, Burgnich, Facchetti...» prima della semifinale con la Germania ai Mondiali del 1970 in Messico. Maria Elena Boschi: «Senza lo straordinario lavoro parlamentare e di attuazione del programma curato da Maria Elena — scrive il leader Pd — molte riforme, non solo quelle istituzionali, non avrebbero mai trovato realizzazione». Francesco Bonifazi, tesoriere Pd e capogruppo in Consiglio comunale a Firenze quando Renzi era sindaco: «Un punto di riferimento insostituibile nella gestione del partito nazionale». Lotti: «Si conquista il ruolo sul campo, centimetro dopo centimetro: tanta gavetta, poi capo segreteria, capo di gabinetto, parlamentare, sottosegretario, ministro .... vive tutte le esperienze romane di questi anni con dedizione ma anche senza il trasporto che lo aveva caratterizzato nelle primarie fiorentine: per lui Palazzo Vecchio è un laico “santuario” — lo chiama cosi — dove ha lasciato un pezzo di cuore». Carrai: «Non ho avuto abbastanza coraggio quando mi sono fermato davanti alla prima polemica sul ruolo di Marco Carrai come consigliere per la cybersecurity, settore nel quale la sua professionalità sarebbe stata utile al Paese». Non tutti i petali del Giglio magico «vengono da Firenze», mette a verbale Renzi ricordando il ministro Graziano Delrio (con cui i rapporti a dire il vero sembrano fatti di alti e bassi). È vero, ma i fiorentini sono sicuramente la maggioranza. E poi, e poi, se non c’è il Giglio magico c’è comunque Firenze: nel libro viene citata 24 volte, quanto Roma e più dell’odiata Bruxelles (22 volte) e quasi il doppio di Milano, nominata in 14 occasioni (Rignano invece si fregia di una sola citazione). Nostalgia canaglia? Forse. Ma è anche facile notare che gli aneddoti legati alla città in cui è partita la sua scalata politica sono soprattutto lo spunto per illuminare due cose: gli obbiettivi raggiunti da sindaco — la pedonalizzazione di piazza Duomo, il Piano strutturale volumi zero — e la vicinanza alle persone. Come quando, con la fascia tricolore, visitava le scuole fiorentine. Glielo ricordano tre ragazzi incontrati, poco dopo le dimissioni da premier, al campo sportivo dell’Affrico: prima gli chiedono un selfie, poi «ricordano con dovizia di particolari la visita fatta nelle loro scuole» e «si ricordano tutto, anche le battute e le domande che facevo». Altro che «Buona Scuola», la battaglia con i sindacati, le polemiche. «Tre miliardi di euro per risolvere i problemi del precariato... eppure non ha funzionato. E mi dispiace, molto. Ma non mi arrendo», scrive Renzi. Perché ora è tutto molto più difficile: puoi anche vincere contro la grande Germania, ma poi in finale c’è il Brasile.