Corriere Fiorentino

ASSESSORI E DIRETTORI FINALMENTE IN STRADA (FINE DELL’ARROCCO)

- Di Enrico Nistri

Nel gioco degli scacchi l’arrocco è la mossa che consente di spostare contempora­neamente il re e la torre lungo la prima o l’ottava linea. È una tipica mossa difensiva: il verbo correlato viene utilizzato per esprimere l’atteggiame­nto di chi si chiude in se stesso dinanzi a una realtà ostile.

Per troppo tempo a Firenze le principali autorità hanno ceduto alla tentazione di arroccarsi nei loro palazzi senza misurarsi di persona con i disagi che usi e abusi dell’industria turistica recano ai residenti e agli stessi visitatori, soprattutt­o in quel quadrilate­ro romano che ormai più che romano appare levantino, monopolizz­ato com’è da pronipoti morali di quei graeculi contro i quali tuonava Catone. È un atteggiame­nto comprensib­ile. In condizioni di normalità per arginare l’illegalità diffusa dovrebbe bastare il fischietto di un vigile urbano. Una volta si diceva che il caporale di giornata che imbraccia la ramazza non è volonteros­o, ma solo incapace, perché non ha saputo far lavorare i piantoni. Ma per la corvée di ripulire il centro storico da bagarini, pseudoarti­sti di strada, abusivi di ogni genere, veicoli elettrici che con l’alibi dell’ecologia stazionano davanti al Duomo non basta l’ordinaria amministra­zione.

Anche per questo è difficile non apprezzare il coraggio con cui direttori di musei e assessori sono usciti dalla loro torre d’avorio, o d’Arnolfo, per misurarsi con una realtà fatta di pseudounif­ormi (non si sono mai viste tante monture, galloni, livree, divise come in quest’epoca antimilita­rista), di ammiccamen­ti furbeschi, di profferte saltacoda, sotto il sole a picco e sopra l’asfalto ribollente davanti all’Accademia o al Bel San Giovanni.

Governare non sarà solo sangue e qualcos’altro, come ammoniva un politico di lungo corso della Prima Repubblica. Ma in certi casi essere amministra­tori significa misurarsi con le ascelle sudate, con gli occhiali appannati dall’afa, con i risciò invadenti, con i bagarini sfuggenti. Misurarsi, insomma, con un’aria diversa da quella che si respira negli uffici e nelle commission­i, in cui si elaborano ordinanze perfette solo da un punto di vista giuridico-formale.

Un grande storico della filosofia scorgeva il segreto dell’umanesimo civile fiorentino nella conciliazi­one fra verba e res: nella capacità di coniugare il verbo degli antichi e la concretezz­a del presente. Troppo spesso nella pubblica amministra­zione, sanitaria, scolastica, municipale, le carte sono perfette, ma scollegate dalla realtà delle cose. Un grazie sincero a chi, invece di arroccarsi in un castello di carte, ha scelto di fare un bagno di umiltà, e di sudore.

Ruoli In certi casi essere amministra­tori significa misurarsi con un’aria diversa da quella che si respira negli uffici e nelle commission­i

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