ASSESSORI E DIRETTORI FINALMENTE IN STRADA (FINE DELL’ARROCCO)
Nel gioco degli scacchi l’arrocco è la mossa che consente di spostare contemporaneamente il re e la torre lungo la prima o l’ottava linea. È una tipica mossa difensiva: il verbo correlato viene utilizzato per esprimere l’atteggiamento di chi si chiude in se stesso dinanzi a una realtà ostile.
Per troppo tempo a Firenze le principali autorità hanno ceduto alla tentazione di arroccarsi nei loro palazzi senza misurarsi di persona con i disagi che usi e abusi dell’industria turistica recano ai residenti e agli stessi visitatori, soprattutto in quel quadrilatero romano che ormai più che romano appare levantino, monopolizzato com’è da pronipoti morali di quei graeculi contro i quali tuonava Catone. È un atteggiamento comprensibile. In condizioni di normalità per arginare l’illegalità diffusa dovrebbe bastare il fischietto di un vigile urbano. Una volta si diceva che il caporale di giornata che imbraccia la ramazza non è volonteroso, ma solo incapace, perché non ha saputo far lavorare i piantoni. Ma per la corvée di ripulire il centro storico da bagarini, pseudoartisti di strada, abusivi di ogni genere, veicoli elettrici che con l’alibi dell’ecologia stazionano davanti al Duomo non basta l’ordinaria amministrazione.
Anche per questo è difficile non apprezzare il coraggio con cui direttori di musei e assessori sono usciti dalla loro torre d’avorio, o d’Arnolfo, per misurarsi con una realtà fatta di pseudouniformi (non si sono mai viste tante monture, galloni, livree, divise come in quest’epoca antimilitarista), di ammiccamenti furbeschi, di profferte saltacoda, sotto il sole a picco e sopra l’asfalto ribollente davanti all’Accademia o al Bel San Giovanni.
Governare non sarà solo sangue e qualcos’altro, come ammoniva un politico di lungo corso della Prima Repubblica. Ma in certi casi essere amministratori significa misurarsi con le ascelle sudate, con gli occhiali appannati dall’afa, con i risciò invadenti, con i bagarini sfuggenti. Misurarsi, insomma, con un’aria diversa da quella che si respira negli uffici e nelle commissioni, in cui si elaborano ordinanze perfette solo da un punto di vista giuridico-formale.
Un grande storico della filosofia scorgeva il segreto dell’umanesimo civile fiorentino nella conciliazione fra verba e res: nella capacità di coniugare il verbo degli antichi e la concretezza del presente. Troppo spesso nella pubblica amministrazione, sanitaria, scolastica, municipale, le carte sono perfette, ma scollegate dalla realtà delle cose. Un grazie sincero a chi, invece di arroccarsi in un castello di carte, ha scelto di fare un bagno di umiltà, e di sudore.
Ruoli In certi casi essere amministratori significa misurarsi con un’aria diversa da quella che si respira negli uffici e nelle commissioni