L'INSICUREZZA PERCEPITA
C’è un rumore secco e ostile che esprime lo spirito con cui non pochi fiorentini hanno cominciato a vivere il rapporto con la loro città. È il clic delle portiere dell’auto, fatto scattare una volta usciti dall’autostrada ed entrati nel traffico urbano, con le sue soste obbligate ai semafori. Viaggiare con l’abitacolo chiuso non sarebbe consigliabile: nel caso di un grave incidente i pochi minuti necessari ai soccorritori per forzarle possono riuscire fatali. Ma, una volta in città, il rischio di un’aggressione è percepito come più incombente. È lo stesso riflesso condizionato che, se non disponiamo di cancelletti, ci costringe a sobbollire di notte nelle nostre abitazioni con gli avvolgibili calati per paura di un’intrusione. È un calcolo esatto? Difficile giudicare. Ministri e questori ci spiegano che il numero dei reati nel corso degli ultimi anni è diminuito, forse anche perché in molti rinunciano a sporgere denuncia per piccoli furti o vandalismi. Ma, come esiste una temperatura percepita più soffocante di quanto non attesti la colonnina di mercurio, così c’è un’insicurezza percepita più preoccupante di quella che si ricava dai «mattinali» delle questure. È una percezione che scoraggia molte donne dal salire su un mezzo pubblico oltre una certa ora, che ci consiglia di scendere da un marciapiede su cui bivaccano vitaioli avvinazzati, che ci frena dal rimproverare chi usa le pigne del ponte più bello del mondo come area per picnic, o peggio.
In un magistrale fondo sul Corriere della Sera di ieri, Ernesto Galli della Loggia ci ha ricordato molteplici esempi di una «Italia che scappa di mano», dagli incendi nel Mezzogiorno allo spaccio in pieno centro a Milano, dai fuochi artificiali abusivi sul Tevere agli eccessi delle varie movide. Bontà sua, non ha citato Firenze, che la cronaca nera però ha riportato alla ribalta proprio negli ultimi giorni per il caso del tassista che versa in gravi condizioni a Careggi, di cui riferiamo qui a fianco.
Altissime autorità religiose e civili ci ammoniscono contro la tentazione di innalzare muri, per difenderci da flussi migratori che costituiscono una concausa della nostra insicurezza. La discussione nel Paese è aperta e accesa. Resta il fatto che, accanto ai muri di cemento, ne esistono altri, immateriali, psicologici, che ogni giorno costruiamo intorno a noi, e che condizionano i nostri comportamenti, anche al di là dell’emergenza immigrazione. Sono muri invisibili, ma non per questo costituiscono una minaccia meno grave per la libertà di tutti.