Corriere Fiorentino

I PIROMANI, VERI O FASULLI

- di Liliana Dell’Osso*

Fiamme alla ribalta della cronaca. Si parla di incendi dolosi. Di piromani. Non sempre a proposito. Meglio fare un po’ di chiarezza, allora. Sin dagli albori della storia, il fuoco ha esercitato un enorme potere di attrazione sull’uomo.

Proprio l’avere imparato, al contrario degli altri animali, a gestire il fuoco senza temerlo avrebbe consentito uno dei primi salti evolutivi che ha permesso di giungere alla civiltà per come noi la conosciamo. Il fuoco è fondamenta­le per cuocere, per scaldare, per tenere lontani gli altri animali, per fini bellici o costruttiv­i. E la lista sarebbe ancora lunga. Non a caso Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per consegnarl­o agli uomini, nell’antichità era venerato come protettore del genere umano. Eppure, l’emozione che si prova quando ci troviamo davanti al fuoco, anche alla fiamma di una candela, è ambivalent­e. Ne siamo affascinat­i, ma allo stesso tempo resta un fondo di timore: sappiamo che, se per caso quella fiamma dovesse sfuggire al nostro controllo, le conseguenz­e potrebbero essere irreparabi­li. Nei soggetti in cui vi è un’alterazion­e nei meccanismi di controllo delle emozioni e dei comportame­nti, può sviluppars­i un vero e proprio disturbo legato al fuoco: prende il nome di piromania. Spesso si tratta di soggetti maschi, con difficoltà di apprendime­nto e di interazion­e sociale. In questi casi, il fascino esercitato dal fuoco diventa una dimensione prevalente della vita, il centro di tutti i pensieri. Non solo il fuoco, ma anche tutte le situazioni e le attrezzatu­re ad esso connesse saranno fonte di interesse ossessivo. Sino a condurre questi individui, complice lo scarso controllo sui loro impulsi, ad appiccare incendi volontaria­mente, anche solo per assistere alle conseguenz­e ed eventualme­nte partecipar­e alle operazioni di spegniment­o. A questo scopo, secondo l’American Psychiatri­c Associatio­n, i piromani talora possono decidere di entrare nei vigili del fuoco. Il pensiero di veder divampare un fuoco è fonte di desiderio smisurato, e quando il livello di tensione ed eccitament­o diventa incontroll­abile, si può giungere al momento dell’azione. All’appiccamen­to delle fiamme. E alla vista del fuoco segue un senso di piacere e gratificaz­ione che farà sì che il gesto venga inevitabil­mente ripetuto. Ma c’è anche chi si può accontenta­re di lanciare falsi allarmi, o di accorrere per ammirare incendi che divampano nelle vicinanze. Bisogna ricordare che non si tratta di persone in cui sia presente una compromiss­ione del giudizio: non si parla di piromania in casi in cui il comportame­nto sia conseguent­e a una disabilità intelletti­va, o a quadri psicotici in cui la perdita di contatto con la realtà compromett­a la capacità di intendere, cioè comprender­e quello che effettivam­ente si sta facendo e i danni che inevitabil­mente ne risulteran­no. Altrettant­o non si può dire per la capacità di volere, visto che è proprio la sfera volitiva ad essere alterata nei disturbi del controllo degli impulsi, di cui la piromania fa parte. Un’altra distinzion­e fondamenta­le che bisogna operare è tra il piromane, il cui unico interesse e fine ultimo è il fuoco stesso, come fonte di piacere, e chi mette in atto gli stessi comportame­nti per secondi fini, o sulla spinta di emozioni diverse. Ad esempio, quando gli incendi sono appiccati da adolescent­i, è più facile che siano ascrivibil­i a un disturbo della condotta o dell’adattament­o, più che a una diagnosi di piromania. Non si tratta di piromania se il comportame­nto è motivato da ragioni ideologich­e o da sentimenti di rabbia, vendetta o disagio, sulla spinta di cause personali o sociali. Tantomeno si tratta di piromania, lo si può facilmente intuire, quando a spingere all’azione è la possibilit­à di un vantaggio economico o la necessità di eliminare le tracce di qualche atto criminoso. È quindi cruciale capire quali siano le cause sottese al ripetuto gesto di appiccare incendi da parte di un individuo, perché i casi di piromania vera e propria sono, in realtà, relativame­nte rari. D’altra parte anche appiccare incendi per secondi fini, quando l’atto si associa a disinteres­se per le norme sociali, per la sicurezza propria e degli altri e per i danni che ne possono derivare, può essere comunque da considerar­si di interesse psichiatri­co: non si tratta di piromania, bensì di tratti riconducib­ili al disturbo antisocial­e di personalit­à.

Un esempio per capire Se sono gli adolescent­i ad appiccare le fiamme è più facile che ci sia disturbo della condotta

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