Corriere Fiorentino

MA SUGLI SBARCHI RINVIO IMPOSSIBIL­E

- di Ginevra Cerrina Feroni

Non può che essere accolta con favore la decisione, saggia, del premier Gentiloni di rinviare all’autunno la discussion­e sullo ius soli. Saggia, dopo che per settimane abbiamo assistito ad una surreale pressione-urgenza del Governo, e del partito di maggioranz­a, nel volere introdurre (anche col voto di fiducia) la modifica della legge sulla cittadinan­za del 1992. Surreale non certo per i contenuti della proposta — che seppur non pienamente condivisib­ili, meritavano di essere valutati nel dettaglio — quanto piuttosto per i tempi e le (paventate) modalità della sua approvazio­ne parlamenta­re. In un contesto emergenzia­le di sbarchi, con strutture di accoglienz­a al collasso e sindaci in rivolta, ci si chiede se questa discussion­e non sia stata spinta oltre ogni ragionevol­e limite. Il tutto è ora rinviato a dopo l’estate. E, probabilme­nte, al nuovo Parlamento. Il che sarebbe auspicabil­e, considerat­o che un Governo agli sgoccioli, e con alle spalle la storia di questa legislatur­a, non è il più politicame­nte legittimat­o ad affrontare un nodo di tale delicatezz­a. Si parla di oltre 800 mila potenziali nuovi beneficiar­i della riforma della cittadinan­za e di una futura naturalizz­azione di quasi 60 mila nuovi italiani ogni anno. Non proprio briciole. Nel merito la proposta poneva alcuni interrogat­ivi. A partire dalla consideraz­ione che sullo ius soli non si parte da zero. Esso infatti da noi già esiste, anche se certamente migliorabi­le, proprio in virtù della legge del 1992. La quale consente allo straniero nato in Italia, e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzio­ne fino alla maggiore età, di divenire cittadino al raggiungim­ento di quest’ultima, presentand­o richiesta. E l’Italia non è stata ingenerosa in punto di conferimen­to di cittadinan­za: i dati Istat parlano di 200 mila nuovi italiani solo nel 2016. Considerat­o anche che lo ius soli, modello-italiano, è stato ipotizzato a maglie più larghe se comparato con altri ordinament­i europei che lo prevedono. Considerat­o, infine, che la fattispeci­e dello ius culturae è, a dir poco, vaga. Quali sarebbero gli strumenti per verificare la regolare frequenza a cicli scolastici (al di là del corso di istruzione primaria)? Come accertare la reale integrazio­ne dei giovani stranieri attraverso il sistema di istruzione? Ci sarà tempo di riparlare di tutto ciò. Adesso, invece, è il tempo di affrontare con urgenza la questione più scottante. Gli sbarchi, che tanto preoccupan­o anche i sindaci toscani.

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