Una baracca all’Erta Canina Da invisibile ad abusivo, ora Dino è senza rifugio
Quando sono arrivati per la bonifica del fosso, gli operai del Consorzio di bonifica hanno trovato una piccola baracca in legno. Una stamberga in mezzo al piccolo torrente dell’Erta Canina. Dentro, un materasso e tante coperte, un piccolo specchio e un paio di scarpe, i fumetti di Tex e un libro sulla medicina tibetana. Il residente si chiama Dino, senzatetto veneziano 61enne.
Una vita randagia, ai margini da sempre. Ha vissuto qui per due mesi, a pochi passi dal ristorante Beppa Fioraia, infrattato tra siepi e alberi. Ha trovato qui la sua dignità. «È un piccolo angolo di paradiso — dice lui — Sento il canto degli uccellini. Sempre meglio che un posto all’albergo popolare, dove sono costretto a condividere la stanza con ladri e violenti». Adesso forse dovrà andarci anche lui, all’albergo popolare. Per effettuare la bonifica del fosso, la baracca è stata abbattuta. Dino ha perso la casa. Se ne è andato sotto gli occhi della municipale e degli operai. Ha lasciato tutte le sue buste ai bordi della strada, con sopra un bigliettino: «Non portare via queste cose, torno presto a riprenderle». Firmato: anonimo. Torna davvero nel pomeriggio, da solo, con la sua bicicletta rossa sgangherata. Alto e gentile, vestito di nero, le scarpe di cuoio, gli occhi celesti e la bocca senza denti. Apre una lattina di Coca Cola, si siede sull’erba e ragiona sul da farsi. «Ho parlato coi servizi sociali, mi hanno offerto un posto all’albergo popolare, ma è una vita infernale, sei costretto a dormire coi delinquenti».
Dino invece, così dice lui, non ha mai fatto del male a nessuno. Forse soltanto a se stesso. Eroinomane da molti anni, s’inietta la droga in vena. Non riesce a smettere. È in cura presso il sert. «Ci vado tutte le mattine». È stanco mentre parla, lo sguardo stralunato. «Voglio dormire un po’, ma se vuoi resta, prendi questo cuscino». Distende una stuoia per terra. Racconta la sua vita. «Sono scappato da Venezia a 16 anni. Mio padre è morto, mia madre si è accompagnata con un uomo che non mi sopportava». Così decise di venire a Firenze: «È la città più bella del mondo, qui avevo molti amici». Quegli amici che poi lo hanno deluso: «Quanti tradimenti, per questo ho cominciato a fare uso di eroina».
Dino ha sonno, non riesce a tenere gli occhi aperti. Fuma una sigaretta. Chissà cosa pensa. Farfuglia. «Sogno una casa in cui vivere». Continua a parlare, quasi incredulo di poter raccontare la sua storia. «Ho vissuto 17 anni in via del Parione, poi mi hanno buttato fuori». E adesso eccolo qui, con gli occhi sempre più spenti, confuso e da oggi anche senza la sua baracca. Passa le giornate a suonare il tamburo, leggere fumetti e girovagare tra librerie: «Leggo i libri di Confucio, la filosofia orientale mi ha salvato la vita». Abbassa lo sguardo e dice: «Adesso mi distendo un po’, faccio un pisolino, prova a dire al Comune che mi piacerebbe una stanza tutta per me».